Raethia, delle copertine di Kitchen avevi già scritto prima del nostro incontro, e infatti personalmente avevo apprezzato, è stato divertente osservarle.
Comunque sì, repetita iuvant, anche perché dalla scarsità dei commenti sul blog non si sa mai se e quante persone lo frequentano.
Faccio una chiosa sulla poesia in romanesco dell'amico Sandro, che dai commenti che ho letto temo sia stata equivocata: si riferisce alla fase finale della vita della sventurata Eluana Englaro, e alle persecuzioni, pressioni di ogni tipo, subite dal padre Beppino Englaro, accusato addirittura di omicidio, e pertanto nulla ha a che fare con la triste circostanza del suicidio del figlio di Sandro.
martedì 19 gennaio 2010
lunedì 18 gennaio 2010
Le copertine di Kitchen
Dopo aver parlato delle immagini di Kitchen nell'incontro di lettura di sabato scorso, suggerisco di visitare, se non lo avete già fatto, il sito dell'autrice www.yoshimotobanana.com (è solo in giapponese e inglese): segnalo in particolare di farvi un giro tra le copertine del libro in oggetto. Sono raggruppate per aree geografiche: Europa, Asia, Americhe. È solo una curiosità, ma divertente.
LE COPERTINE DI KITCHEN
Suggerisco di visitare, se non lo avete già fatto, il sito dell'autrice www.yoshimotobanana.com (è solo in giapponese e inglese): segnalo in particolare di farvi un giro tra le copertine del libro in oggetto. Sono raggruppate per aree geografiche: Europa, Asia, Americhe. È solo una curiosità, ma mi pareva divertente.
a presto
raethia
a presto
raethia
giovedì 14 gennaio 2010
Ritorno a Mann

Più breve e succosa questa scheda ancora sui Buddenbrook a firma di Luigi De Bellis, che comprende uno stralcio da un saggio del germanista Cesare Cases.
Poi I Buddenbrook in versione audio (ridotta), tratta dal "Terzo anello" di Radio Tre, con una introduzione di Bianca Maria Frabotta, che incorre in uno sbaglio storico-geografico nella prima frase (dice che i Buddenbrook sono prussiani) e rivela qua e là una conoscenza distratta del romanzo - definisce per esempio le mani dei Buddenbrook come mani di commercianti, inadatte all'esecuzione della musica: una imprecisione non da poco (basti rileggere quanto dice l'organista Pfuehl a proposito di Hanno: "Ha le mani dei Buddenbrook... I Buddenbrook arrivano tutti a prendere le none e le decime"), tenendo conto che il rapporto dei vari membri della famiglia con la musica è centrale nel libro e non si riduce alla contrapposizione rozzi mercanti-raffinati intellettuali.
A questo proposito di grande interesse è il saggio di Roberto Favaro intitolato L'ascolto del romanzo, in cui viene analizzato il tema musicale, che è appunto uno degli assi intorno a cui si fonda la struttura dei Buddenbrook.
Numerosissimi sono in Rete e su carta i testi che si concentrano su singoli aspetti, più o meno marginali, dell'opera di Mann (uno per tutti, in francese, Les affections bucco-dentaires dans l’oeuvre de Thomas Mann, di Liliane Van Besien e Yves Besien, dagli atti della Société française d'histoire de l'art dentaire). Impossibile elencarli qui tutti.
Da non mancare, in generale, la nota autobiografica di Mann (in inglese), in occasione del conferimento del premio Nobel, nel 1929. E chi conosce il tedesco potrà continuare la sua ricerca nel sito ufficiale dedicato a Thomas Mann, da cui si possono anche scaricare (a pagamento) i saggi dello scrittore. (Mentre chi lo desideri può leggere online la versione integrale dei Buddenbrook nella traduzione di Furio Jesi e Silvana Speciale Scalia).
Qui concludiamo segnalando il sito della Casa dei Buddenbrook a Lubecca e citando una frase di Claudio Magris nella sua introduzione al romanzo (edizione Grandi Libri Garzanti): "I Buddenbrook sono il più amabile e godibile dei libri di Mann, ma anche il più difficile, perché in esso la diagnosi politica e culturale è calata nel gesto quotidiano e nel dettaglio semplice, come accade nella vita; la profondità della riflessione è nascosta nella superficie, anziché essere semplicemente dichiarata, come avverrà più tardi in altri romanzi ideologici, apparentemente più complessi e in realtà più facili, perché tutti spiegati e sottolineati. È il libro della vita, della sua caducità pur così piena di senso; del suo trascorrere pieno di malinconia ma anche di grazia".
(Nella fotografia in alto, la targa sulla casa di Roma in via del Pantheon 57 - allora via di Torre Argentina - dove si trovava la pensione in cui Thomas Mann trascorse diversi mesi tra il 1896 e il 1897, dedicandosi alla composizione dei Buddenbrook).
venerdì 8 gennaio 2010
Appuntamenti
Kitchen (Banana Yoshimoto) ... ottimo spunto per affrontare il tema di quest'anno, "Famiglie", da una prospettiva contemporanea. L'appuntamento è per sabato 16 gennaio 2010 alle 11 nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28, a due passi da piazza Rosolino Pilo).
martedì 5 gennaio 2010
Se ne va Giancarlo Nanni

all’estero, Nanni e la Kustermann inaugurarono al Vascello nel 1990 la stagione della nuova compagnia La Fabbrica dell’Attore , che ancora oggi si dedica alla sperimentazione e alla ricerca di linguaggi innovativi per il teatro .
Per tutti noi è un grave lutto ed una grande perdita , perché con lui se ne va un regista, ma anche un grande animatore culturale , attento alle realtà emergenti e alla sperimentazione della nostra contemporaneità.
Per chi volesse saperne di più, suggeriamo di visitare il sito del
Teatro Vascello http://www.teatrovascello.it/
Mercoledi 6 sarà allestita la camera ardente presso il teatro Vascello, Via Carini 78.
domenica 3 gennaio 2010
Proposta di affiliazione virtuale
C’è un signore, qui, di Monteverde, del quale vi vorrei parlare.
Di Monteverde, non a Monteverde. Perché, benché nato nel cuore di Trastevere, è a Monteverde che ha trascorso buona parte delle sue giornate per più di quarant’anni. E’ di Monteverde per ius loci.
Imprenditore di sé stesso, è proprietario di un piccolo negozio di alimentari, uno dei pochissimi sopravvissuti all’invasione della grande distribuzione.
Serve un piccolo popolo di vecchietti/e, al quale immodestamente mi avvio ad appartenere anch’io; è uno straordinario centro di ascolto, di accoglienza, diventando talvolta perfino centro di collocamento per bisognosi di vario tipo, un luogo di scambio di idee.
Lui, che risponde al nome di Sandro, è portatore sano di quella “romanità” non sguaiata che si ascolta volentieri, che si accende di lampi di arguzia, e di inaspettate tenerezze offerte con pudore, è portatore sano di una cultura da “sapienza dei luoghi”, figlia dell’amore e della curiosità umana, di uno sguardo aperto.
Lui, scrive poesie in romanesco, non so quanto corrette per lingua e metrica, talvolta i versi sono un po’ traballanti, non so che cosa direbbe Belli, ma trovo comunque che abbiano qualità.
Sandro è stato per me una scoperta, come molte altre persone quando le si guarda oltre gli occhiali. E’ una persona interessante, vorrei dire che è un “personaggio”, se non fosse che questo termine mi sembra rinviare al teatro, alla rappresentazione, alla finzione, alla “maschera”. Ma per tutti gli altri sensi, sì, mi sento di dire che Sandro è un personaggio.
Un paio di anni fa lui e sua moglie sono stati colpiti (trafitti, stavo per scrivere) dal dolore più devastante per un genitore: il suicidio di un figlio.
Sono stati bravi, molto, si sono sostenuti a vicenda, ma Sandro non è mai più tornato quello di prima.
Non potrà mai partecipare ai nostri incontri, ammesso che ne abbia voglia, per il suo lavoro. Ma mi piacerebbe pensare che partecipi in contumacia, affiliato per simpatia, una mascotte virtuale, che venga adottato dalla nostra piccola comunità, laureato, per così dire, ad honorem.
In pegno vi offro una delle sue poesie: è inattuale, lo capirete, era attuale l’anno passato, ma il suo senso rimane intatto, al di là delle persone alle quali teneramente allude.
Dedica a un Fiore
Un conto parlà de vita e vìve, n’antro parlà de morte e morì
Diciassett’anni de strazio de dolore
Ecche vòi dije a ‘n padre de famija,
che se porta ’sto sercio sopr’ar còre.
Ma l’hai vista di’, che bella fija?
Prima der fattaccio era un fiore,
e mò? C’è arimasto ’no stelo senz’odore
che nun sprizza né gioia né calore.
E ’sto poretto che vò anninnà la fija
spinto da la pena e dar dolore
te viè tacciato de fà eutanasia
da chi fa solo a schiaffi co’ l’amore.
Dico a voantri Bujacche de minestre
senza la Volonté de fa li nomi,
a vo’ Fichelle Tetteemazzi, Sacchettoni
auguro che me fate bbone Feste.
Pe’ parte mia pregherò er Bambino
che quanno fate er pranzo de Natale
ve lo strafogate cor sondino
Roma 20 dicembre 2008 da Sandro Emiliozzi
Ecco, è questa.
Vi prego di non farvi scrupolo se voleste esprimere dissenso: a che serve una comunità se non a confrontare pareri diversi, e magari anche opposti?
Di Monteverde, non a Monteverde. Perché, benché nato nel cuore di Trastevere, è a Monteverde che ha trascorso buona parte delle sue giornate per più di quarant’anni. E’ di Monteverde per ius loci.
Imprenditore di sé stesso, è proprietario di un piccolo negozio di alimentari, uno dei pochissimi sopravvissuti all’invasione della grande distribuzione.
Serve un piccolo popolo di vecchietti/e, al quale immodestamente mi avvio ad appartenere anch’io; è uno straordinario centro di ascolto, di accoglienza, diventando talvolta perfino centro di collocamento per bisognosi di vario tipo, un luogo di scambio di idee.
Lui, che risponde al nome di Sandro, è portatore sano di quella “romanità” non sguaiata che si ascolta volentieri, che si accende di lampi di arguzia, e di inaspettate tenerezze offerte con pudore, è portatore sano di una cultura da “sapienza dei luoghi”, figlia dell’amore e della curiosità umana, di uno sguardo aperto.
Lui, scrive poesie in romanesco, non so quanto corrette per lingua e metrica, talvolta i versi sono un po’ traballanti, non so che cosa direbbe Belli, ma trovo comunque che abbiano qualità.
Sandro è stato per me una scoperta, come molte altre persone quando le si guarda oltre gli occhiali. E’ una persona interessante, vorrei dire che è un “personaggio”, se non fosse che questo termine mi sembra rinviare al teatro, alla rappresentazione, alla finzione, alla “maschera”. Ma per tutti gli altri sensi, sì, mi sento di dire che Sandro è un personaggio.
Un paio di anni fa lui e sua moglie sono stati colpiti (trafitti, stavo per scrivere) dal dolore più devastante per un genitore: il suicidio di un figlio.
Sono stati bravi, molto, si sono sostenuti a vicenda, ma Sandro non è mai più tornato quello di prima.
Non potrà mai partecipare ai nostri incontri, ammesso che ne abbia voglia, per il suo lavoro. Ma mi piacerebbe pensare che partecipi in contumacia, affiliato per simpatia, una mascotte virtuale, che venga adottato dalla nostra piccola comunità, laureato, per così dire, ad honorem.
In pegno vi offro una delle sue poesie: è inattuale, lo capirete, era attuale l’anno passato, ma il suo senso rimane intatto, al di là delle persone alle quali teneramente allude.
Dedica a un Fiore
Un conto parlà de vita e vìve, n’antro parlà de morte e morì
Diciassett’anni de strazio de dolore
Ecche vòi dije a ‘n padre de famija,
che se porta ’sto sercio sopr’ar còre.
Ma l’hai vista di’, che bella fija?
Prima der fattaccio era un fiore,
e mò? C’è arimasto ’no stelo senz’odore
che nun sprizza né gioia né calore.
E ’sto poretto che vò anninnà la fija
spinto da la pena e dar dolore
te viè tacciato de fà eutanasia
da chi fa solo a schiaffi co’ l’amore.
Dico a voantri Bujacche de minestre
senza la Volonté de fa li nomi,
a vo’ Fichelle Tetteemazzi, Sacchettoni
auguro che me fate bbone Feste.
Pe’ parte mia pregherò er Bambino
che quanno fate er pranzo de Natale
ve lo strafogate cor sondino
Roma 20 dicembre 2008 da Sandro Emiliozzi
Ecco, è questa.
Vi prego di non farvi scrupolo se voleste esprimere dissenso: a che serve una comunità se non a confrontare pareri diversi, e magari anche opposti?
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