Ti racconto un libro:
Davide Enia maggio'43
Edizioni Sellerio, pp.103, euro 12
Maria Vayola
Nella famiglia protagonista di “maggio’43”, c'era l'usanza di lasciare un regalo
sulla tomba d’un proprio caro, e quello che leggiamo, dalle prime pagine, è proprio uno
di questi regali: “il cunto di chiddu che succirìu in ‘sti giorni di maggio”,
che Gioacchino, 12 anni, lascia sulla tomba del fratello Rosario.
La
narrazione, in forma di monologo (originariamente testo teatrale, adattato
dallo stesso autore in forma narrativa) presenta, sin dall’inizio, una delle
caratteristiche del libro: il contrasto tra la drammaticità dei fatti
raccontati e il modo in cui Gioacchino li racconta a Rosario, con quella
schietta semplicità dell’infanzia che messa di fronte a una tragedia quale la
guerra, non può far altro, per poterla sopportare, che viverla come
un’avventura, cercando al suo interno forme per riaffermare la propria
vitalità, rasentando quasi l’indifferenza.
Il linguaggio del ragazzo, per lo più dialetto palermitano,
è quindi quello diretto e scarno dell’infanzia, senza alcuna sottolineatura
letteraria della tragicità dei fatti ma
il loro solo resoconto.
Il cunto riguarda
le vicissitudini della famiglia di Gioacchino che, nel maggio del 1943,
sfolla da Palermo nel piccolo paese di Terrasini, per sfuggire ai bombardamenti
americani e alle violenze fasciste. Tutti i giorni i componenti maschi devono
però tornare in città per svolgere alcune incombenze, e sarà un comico contrattempo sulla strada, durante
uno di questi spostamenti, a far loro perdere del tempo, tempo che li salverà dal bombardamento alleato del 9 maggio che
distruggerà buona parte di Palermo, facendo
tantissime vittime.
La devastazione causata dalle bombe apparirà loro ancor prima di arrivare in
città.