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martedì 24 settembre 2013

Pablo Neruda, ode all'Italia (e alla propria donna e all'odore della legna)

Michael Radford, Il postino
Pochi giorni dopo il golpe che l'11 settembre 1973 rovesciò in Cile il governo di Salvador Allende e segnò l'inizio della lunga dittatura militare di Augusto Pinochet, moriva a Santiago il più celebre poeta cileno della seconda metà del Novecento, Pablo Neruda. A quarant'anni di distanza, lo ricordiamo, mettendo in luce soprattutto i suoi fortissimi legami con l'Italia.



G. Luca Chiovelli 

Pablo Neruda (Ricardo Eliezer Neftalí Reyes Basoalto, Parral, 12 luglio 1904 - Santiago del Cile, 23 settembre 1973)

Così scriveva Neruda in uno stralcio dell'autobiografia Confesso che ho vissuto:

La terra d'Italia conserva le voci dei suoi antichi poeti nelle sue purissime viscere. Nel calpestare il suolo delle campagne, nell'attraversare i parchi dove l'acqua scintilla, nel solcare le sabbie del suo piccolo oceano azzurro, mi sembrò di calpestare diamantine sostanze, cristalli segreti, tutto lo splendore conservato dai secoli. L'Italia ha dato forma, suono, grazia e impeto alla poesia dell'Europa; la trasse dalla sua prima forma informe, dalla sua rozzezza vestita di panno e armatura. La luce dell'Italia ha trasformato le vesti a brandelli dei giullari e le corazze di ferro delle canzoni di gesta in un fiume in piena di scintillanti diamanti.

Ai nostri occhi di poeti arrivati da poco alla cultura, venuti da paesi in cui le antologie cominciano con i poeti del 1880, faceva impressione vedere nelle antologie italiane la data del 1230, o del 1310, o del 1450, e fra queste date le terzine abbaglianti, l'appassionata bellezza, la preziosità e la profondità degli Alighieri, dei Cavalcanti, dei Petrarca, dei Poliziano.

Questi nomi e questi uomini prestarono luce fiorentina al nostro dolce e poderoso Garcilaso della Vega, al benigno Boscán, illuminarono Góngora e tinsero con il loro dardo di ombra la malinconia di Quevedo, modellarono i sonetti di William Shakespeare d'Inghilterra e accesero le essenze di Francia facendo fiorire le rose di Ronsard e Du Bellay.
Nascere nelle terre d'Italia è difficile impresa per un poeta, impresa stellata che comporta fare proprio un firmamento di splendenti eredità”.


Neruda e l'Italia. Un legame non secondario. L'edizione de I cento sonetti d'amore, pubblicata a Buenos Aires nel 1960, fu corredata da quattro tavole che riproducevano altrettanti capolavori pittorici, di cui tre italiani: la Venere addormentata di Giorgione, Marte e Venere del Veronese, Susanna al bagno di Tintoretto.
Ecco un sonetto fra i cento, quello che mi piace di più:

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