Il DOPO TEATRO è una conversazione che si svolge su WhatsApp dopo ogni spettacolo. Scaturisce da alcune domande che si sono poste le persone del gruppo di teatro dell'associazione Monteverdelegge che hanno visto lo spettacolo, e i dialoghi vengono trasferiti e montati qui nel blog con una breve introduzione. Maria Cristina Reggio
Resurrexit Cassandra, foto di scena di Hanna Hauer |
Il gruppo Monteverdelegge Teatro è andato a vedere al Teatro Vascello Resurrexit Cassandra, con regia, scenografia e video dell’artista belga Jan Fabre, recitata da una bravissima Sonia Bergamasco su testi di Ruggero Cappuccio. In scena, su un pavimento pieno di serpenti di legno, abbiamo visto ergersi una splendida Sonia Bergamasco, immobile e gigante come una statua della sacerdotessa, proferire i suoi vaticini davanti a un video a parete in cui l’attrice stessa si dibatteva imbracciando un’ascia distruttrice.
JACOB: “Ho visto al Vascello la Cassandra con Sonia Bergamasco: uno spettacolo ben confezionato, estetico, ma freddo e senza emozione. Lei è brava, precisa e volutamente estraniante. Personalmente non è mi è piaciuto ma il pubblico e la critica ne parlavano entusiasti.
Cosa pensate?”
MARIA CRISTINA: “A me è piaciuto moltissimo: la voce dell’attrice che all’inizio dello spettacolo parlava con timbro maschile, accentuava la dimensione mitica delle sue parole. Così alta, statuaria, immobile, Cassandra era presente e umana solo nelle sue parole dette e sputate, inascoltate per punizione divina. Secondo il mito, infatti, Apollo aveva punito la sacerdotessa cui aveva donato la facoltà della preveggenza perché lei aveva rifiutato il suo amore, e, sputandole in bocca, la aveva condannata a proferire parole cui nessuno avrebbe prestato fede”.
JACOB: “Lei è una brava attrice, penso semplicemente che lei abbia fatto e interpretato ciò che il regista le aveva chiesto e lo abbia fatto in modo pulito e chiaro, impeccabile. Siccome le parole di Cassandra non devono essere prese in considerazione, la recitazione era volutamente estraniata, ma questo a me non è piaciuto perché allontanava lo spettatore dall’attrice e dallo spettacolo. Il risultato era una recitazione forte e chiara, ma anche molto statica, e per me, in definitiva, noiosa. Le parole dell’attrice erano chiare con una perfetta dizione all’inizio, ma poi diventavano liquide come l’acqua che inonda una città.”
CLAUDIA: “La protagonista sulla scena dava una voce diversa ad ognuna delle accuse che rivolgeva: una volta severa, una volta suadente, una volta sarcastica e volgare, ma dietro di lei scorreva un filmato in cui l'azione aveva un risultato sempre uguale: restava solo l'autodistruzione e nessuna voce poteva essere ascoltata.”
MARIA CRISTINA: “Il video bianco e nero di Jan Fabre con Cassandra in azione, rabbiosa e con una ascia in mano, era in perfetto contrasto con lei che in scena cambiava i colori e gli stili degli abiti, ma era immobile, statuaria. Secondo voi perché?”
CLAUDIA: “Il video proiettato dietro a Cassandra non era in bianco e nero, anche se avvolto in una nebbia che ingrigiva tutto e lei indossava una camicina di colore sempre diverso, intonato con quello del vestito che portava in scena: nero, rosso, verde, blu, bianco.
Il video secondo me voleva esibire lo sdoppiamento forse incomprensibile di un’umanità che inganna sé stessa: da una parte si agita e autodistrugge, così come faceva l’attrice nella grande proiezione, e dall'altra, con le parole di Cassandra in scena, dichiara la propria colpevolezza.”
JACOB: “Ma perché uno spettacolo deve essere così concettuale? Se lei sulla scena è statica, ma in carne e ossa, perché il regista ha voluto dare un po’ di movimento solo nel video proiettato dietro di lei? Secondo me è teatro nel teatro, una matrioska in cui il reale si confonde con la finzione, ma così il teatro diventa elitario e perde il suo senso.”
MARIA CRISTINA: “Non credo che ci sia uno sguardo elitario nella regia, se ci mostra rabbiosa una Cassandra che il mito ha tramandato come vittima. Per me assistere al conflitto tra la donna statuaria e prigioniera dei propri abiti sul palco e quella che si dibatte nell’azione del video è uno stimolo a riflettere sulla figura tragica della sacerdotessa, e su ciò che essa rappresenta: in fondo, la sua preveggenza è sempre muta, nessuno dà ascolto alle sue parole e alla sua disperazione. E ancora oggi non la ascoltiamo.”
Hanno partecipato alla conversazione Claudia Corpetti, Maria Cristina Reggio e Jacob Olesen.