sabato 7 dicembre 2019

Gruppo di lettura "Libri nuovi": I vagabondi di Olga Tokarczuk




L'ultimo libro su cui il Gruppo di lettura "Libri nuovi" ha dialogato  è stato "I vagabondi" di Olga Tokarczuk.  Il testo è complesso e, nel definire il viaggio e lo spostamento da un luogo all'altro delle persone non solo come una necessità umana ma anche come desiderio, mette in campo una serie di problematiche inerenti il vagabondare della mente e del corpo nella tensione di conoscere il mondo che ci circonda e noi stessi. Qui sotto leggerete una riflessione che Laura Flores, una partecipante al Gruppo, ha scritto e a cui speriamo seguano altre riflessioni che permettano una comprensione maggiore del testo. 


Per me è stata una lettura difficile, in cui spesso anch'io mi sono persa e ritrovata, ho imboccato strade che finivano contro un muro e altre che aprivano spiragli sull'abisso. Ho anche pensato di mollare, interrompendo il vagabondaggio. Oggi, giunta al termine, mi sembra illuminante questo suo passo :"La vita mi è sempre sfuggita dalle mani. Ho sempre e solo trovato delle tracce, i resti della sua muta." Tra i vari indizi, mai veramente risolutivi, che la scrittrice semina nel libro, ci sono riferimenti geografici, nomi di strade, di luoghi, di fermate di metropolitane e mappe. Anche di fronte a queste ultime, dopo un' iniziale illusione di ritrovare finalmente " punti fermi", ci si perde di nuovo. Le mappe sono troppo antiche,oppure troppo dettagliate, oppure le indicazioni sono in caratteri sconosciuti. Insomma, le mappe esistono, ci confortano, ma non  risolvono. Tutti i tentativi di catalogazione, tassonomia e cartografia che l'uomo ha compiuto e compie sono commoventi e forse necessari, per darci l'impressione di poter finalmente tornare a una casa con le finestre illuminate che forse ci attende ancora o forse no. Restiamo nel nostro vagabondare, tra incontri e fughe, con la difficoltà di entrare nei vari ruoli richiesti e la tentazione di prendere il primo volo verso qualunque meta.

4 commenti:

  1. Gianna Benigni:
    Il libro non ha una trama, ma 116 storie: a volte sono sensazioni, idee spezzate di viaggi e viaggiatori, di sguardi, di accenni, a volte sono documentati dettagli che fanno intravedere ricerche attente in musei e archivi, mini saggi su aeroporti, hall di alberghi, tutto sulla psicologia del viaggiatore e la sua anima libera. A tratti autobiografico. Queste storie possono essere cortissime, anche solo un paio di frasi. A volte sono storie a puntate intervallate da altre storie, che si inseguono. Una struttura destrutturata che fa perdere il filo al lettore, perché un filo in realtà c’è, anzi ci sono più fili. Ma ritrovarli e connetterli non è facile. Bisogna pensarci su. Per questo viene voglia di interrompere la lettura perché sembra che non abbia né capo né coda. E questo ho fatto anche io. Ma poi ho ripreso e ho ricominciato e sono arrivata fino in fondo. E ne sono soddisfatta.
    Elogio del vagabondare inteso come metodo di salvezza dal tiranno (“Cosa diceva la fuggiasca intabarrata”): “Per questo i tiranni di ogni tipo, servitori infernali, hanno nel sangue l’odio per i nomadi; per questo perseguitano gitani ed ebrei, per questo costringono a diventare sedentarie tutte le persone libere, marcandole con un indirizzo che diventa la nostra sentenza.”
    “Muoviti, vai. Beato è colui che parte”.
    Olga è colpita da questa ossessione del viaggiare fin da piccola, quando i suoi genitori caricavano la Skoda e andavano dove potevano, considerando le chiusure dei territori. Ma non erano veri viaggiatori: partivano per tornare e per mostrare a parenti e amici fulmini e fotografie (“Il mondo nella testa”). Lei no, Olga trae energia dal movimento, dal rombo di un aereo, dagli scossoni di un autobus. E va, e viaggia più che può. Guarda, vede, osserva, scrive, appunta, in un apparente caos di foglietti, matite, penne, borse.
    Altra sua ossessione: il viaggio inteso come storia di un malessere (“La sindrome”), la ricerca compulsiva verso tutto ciò che è rotto, imperfetto, difettoso, screpolato, fuori regola, ripugnante. In questo rientrano le storie (vere) dedicate ai Musei anatomici, all’inizio degli studi sulla anatomia umana nel 600, i gabinetti delle curiosità. Sempre alla ricerca del diverso e del mostruoso che sbalordisce attraendo: come la storia dello scopritore del tendine di Achille (chorda Achillis), Philip Verheyen che studia la sua gamba recisa, scopritore del dolore da mancanza di arto amputato.
    Con meticolosa precisione Olga racconta quei primi sperimentatori, quei primi studiosi di anatomia le cui tracce si trovano ora in vari Musei anatomici, di cui Olga fornisce l’elenco in calce al volume. Studiosi di anatomia, le prime dissezioni, la plastinazione. Olga cerca gli errori e gli incidenti della creazione.
    Alcune storie sono più attrattive, come, per me “Kairos” in cui la protagonista che ha sposato un professore più anziano di 20 anni e che accudisce in un viaggio ad Atene, dice: “La verità era semplice: gli uomini hanno bisogno delle donne, più di quanto le donne necessitino degli uomini. Infatti, pensava Karen, le donne potrebbero cavarsela tranquillamente senza gli uomini. Sopportano bene la solitudine, si prendono cura della propria salute, sono più longeve, coltivano le amicizie. Mentre cercava di farsi venire in mente altre caratteristiche, si rese conto che stava descrivendo le donne come una razza di cani molto utili.”
    Olga scrittrice poliedrica, eccentrica, eclettica, documentata, a volte ossessiva-maniacale, a volte poetica e dolce (“Io sono qui”). Persona interessante e intrigante: le hanno conferito il Nobel il 10 dicembre a Stoccolma e lei ha fatto sapere che devolverà la somma ad una fondazione di letteratura e di traduttori.
    “Il cambiamento è sempre più nobile della stabilità” (“Il modo nella testa”).

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  2. 9.12.2019
    La lettura del libro mi ha ispirato questi versi:

    Mappe

    nel caos della mente le parole
    tracciano mappe di pensiero
    cercano la persona che sono,
    un indizio lasciato in un punto
    preciso, ma vagabonda nel
    pensiero vado senza sapere
    dove.

    Gioia

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  3. Pur non potendo entrare nel merito,( non ho letto il libro, ma certo i vostri contributi sono uno stimolo a farlo) volevo ringraziare Laura per aver dato il via a questo post in modo egregio, Gianna per il suo articolato commento e Gioia per il suo originale apporto e per la bellezza dello stesso.
    Maria

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  4. Laura,Gianna,i vostri contributi scritti mi hanno stimolato a leggere il libro e a scoprire una scrittrice che non conosco Gioia, i tuoi versi mi hanno poeticamente proiettata nel viaggio che proponi, alla ricerca di sé stessi. Grazie a voi tutte.Patrizia Vincenzoni

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