giovedì 14 giugno 2018

MVL cinema: La casa sul mare



Maria Vayola

Tre fratelli, due uomini e una donna, si ritrovano nella casa del padre malato, sulla costa francese vicino Marsiglia. Lì hanno trascorso buona parte della loro vita,  Armand il più grande, lì vive ancora gestendo un ristorante in cui sembra non aver cambiato nulla dall'epoca in cui anche il padre vi lavorava. E' un locale senza pretese, se non quella di essere luogo di aggregazione, di incontro, di scambio di pensiero, oltre che di ristorazione. Joseph è un professore di filosofia e porta con sé la sua giovanissima compagna. Angel, attrice di teatro, non è più tornata in quella casa, da quando quel luogo è stato per lei  teatro di un lutto che ha segnato in modo indelebile la sua vita.


Il paese è cambiato, molte case sono vuote, la compagine sociale e umana che animava quei luoghi si è persa, disgregata; si aggirano personaggi in cerca di affari immobiliari, arrivano camionette di militari in cerca di migranti venuti dal mare. Solo il paesaggio, per ora non è cambiato, il mare, i boschi, le colline fanno ancora da teatro ad una rappresentazione umana che però è profondamente mutata, i suoi attori sono andati via, o sono troppo vecchi.

Il nuovo mondo si insinua in una comunità dove si erano allacciati rapporti di amicizia, dove quello che contava erano i rapporti umani e la solidarietà, il rispetto e la dignità. Il vecchio padre aveva alimentato quei principi, affermandoli e praticandoli in un periodo in cui l'orrore della guerra passata richiedeva un attenta ricostruzione dei valori umani che erano stati annientati, il futuro si presentava come un laboratorio di vita. I suoi figli erano partiti da quei principi, li avevano modulati alle loro esistenze, alle loro esigenze di cambiamento, forzandoli ancora di più: il mondo doveva, poteva, essere cambiato, il futuro era sempre lì carico di entusiasmo e speranza.
E i fratelli, in quel luogo, avevano vissuto la spensieratezza, l'avventatezza, l'allegria che solo la giovane età può dare, momenti che formano, che colmano, che riempono quel nucleo nella memoria che sarà, poi, fonte di ricordi piacevoli ma anche di una inevitabile nostalgia.

Per loro, quell'incontro, diventa un momento per riflettere su loro stessi, sulle loro vite passate, presenti e future, per fare i conti con chi sono individualmente e come nucleo familiare. Ciascuno metterà in discussione le proprie angosce, dolori, paure, vivranno una seconda "linea d'ombra" al cospetto della malattia del padre, alla sua infermità e alla sua imminente morte. Parleranno, litigheranno, rifletteranno, ma avranno la forza e la capacità di ritrovarsi come individui, come fratelli e come figli, e non solo per vincoli si sangue; riusciranno a perdonare se stessi e gli altri, saranno in grado di compiere reciproci atti di comprensione e di accettazione, partendo dal loro passato e con la consapevolezza del presente.

Le nuove problematiche storiche impatteranno con il loro soggiorno, e si ritroveranno uniti nell'affrontarle, saranno capaci di ritrovare la forza dell'umanità contro la grettezza delle istituzioni, di essere ribelli contro le ingiustizie.
Specchieranno i loro occhi in quelli di tre bambini, due maschietti e una femminuccia venuti dal
mare, come fossero il loro riflesso nello specchio del tempo. Li aiuteranno, cercando di conquistarsi la loro fiducia ma non potranno dare loro nessuna certezza. Tutto culminerà quando tutti e sei,  inizieranno ad urlare i propri nomi, gli adulti ripetendo un gioco d'infanzia, i bambini, muti fino a quel momento, perché sono bambini e non riescono a non lasciarsi andare al gioco.
I nomi rimbalzano sotto il cavalcavia della ferrovia che un po' domina, un po' deturpa il paese, l'eco risponde, le voci si confondono, si fondono; gridano singolarmente e collettivamente la loro esistenza e resistenza alla vita, la riaffermazione delle propria identità ritrovata gli adulti, il diritto a formarsela  i bambini.
Le voci si diffondono fino ad arrivare al padre sul balcone, immobile, lontano, assente sulla sedia a rotelle; le riconosce come qualcosa di noto e ma anche di nuovo, hanno la forza di scuoterlo: la sua vita, che sta finendo, ha avuto un senso e continuerà ad averlo.
Il regista Robert Guediguian ha realizzato un film prezioso, ha saputo dosare perfettamente vicende personali e contesto sociale, ha posto tutti gli elementi del film, personaggi, ambiente, narrazione,  in un raffinato equilibrio, senza un minimo di retorica pur parlando di temi come la vita e la morte, il diritto alla vita e il diritto alla morte.
Da vedere.


 




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