Due di tutto e una valigia di Mila Venturini, pubblicato recentemente da Nottetempo. Un piccolo romanzo divertente e lieve sulle mille peripezie affrontate da famiglia per giungere a una separazione tutto sommato civile, raccontate dal punto di vista della primogenita. Scritto senza un filo di cinismo, con una buona dose di ironia e, in fondo, con parecchio affetto per tutti i personaggi della storia. Per leggere la scheda e le recensioni, clicca qui.
domenica 31 gennaio 2010
fulmini a ciel sereno
Se non sbaglio, qualche tempo fa avevamo pensato di dedicare uno spazio alle segnalazioni fulminee di libri. Ignorando se poi sia stato effettivamente realizzato un simile spazio, deposito qui un mio consiglio di lettura.
sabato 30 gennaio 2010
Madri e figlie
Giovedì 4 febbraio al Circolo delle quinte (viale 30 aprile 4) Monteverdelegge organizza una serata di letture poetiche coordinata da Fiorenza Mormile e Anna Maria Robustelli con improvvisazioni al pianoforte di Andrea Terrinoni. Nel corso dell'incontro verranno presentati testi di autrici italiane e straniere, tratti fra l'altro dall'antologia Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Le voci della luna), e verranno proposte alcune ipotesi di lavoro per il nascente gruppo di lettura serale dedicato alla poesia e condotto da Fiorenza. Dato che la capienza della sala è ridotta - 25 posti al massimo - è necessario confermare non oltre lunedi 1 febbraio all'indirizzo email monteverdelegge(at)gmail.com.
A proposito di Corporea, ecco uno stralcio dalla recensione di Viola Papetti uscita oggi (30 gennaio 2010) su "Alias":
Non si può dire che la veste tipografica di questa antologia Corporea Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli, con l’indispensabile prefazione di Liana Borghi (Le Voci della Luna Poesia, Segni/4, pp. 204, € 12,00) sia vanitosa, e ostenti la patinata eleganza che sempre ricopre il femminile. Anzi, sono quasi irritanti nella loro ambiguità le immagini derivate da nove opere di Francesca Romana Pinzari: grigie, nere, rossastre parti di un corpo femminile seminudo, non si capisce se abbracciato o torturato, intercalate fra poesie, in inglese e in italiano, di scrittrici famose negli ultimi quarant’anni, da Margaret Atwood a Alice Walker. Pagine dai margini ristretti, suppongo per economia, ma che danno anche un’idea di forzata costrizione entro gabbie, piccole carceri individuali da cui la scrittura fuoriesce come un urlo educato alla forma, uno strappo che però non lacera il foglio. Non rinunciano a prendere parola, per quanto il prezzo sia alto e lo sforzo al limite, come nel caso di Judith Wright, australiana, poco conosciuta da noi, qui con un’unica poesia «Naked girl and mirror / Ragazza nuda e specchio». Il corpo delle donne è capace anche di scherzare, ma in genere si sente in fuga, tende a svincolarsi dalla proprietaria. «Questa non sono io. Una volta ero senza corpo» – lamenta Wright, e con lei molte di noi. Anche Margie Piercy in «My Mother’s Body / Il corpo di mia madre» dice l’estrema angoscia di non riconoscersi se non nel corpo di un’altra, inevitabile, ostile. La figlia è derubata dalla madre, la madre dalla figlia. Che sia il doppio culturale del sé femminile, o un doppio biologico, installato al principio e alla fine della vita della figlia (e alla fine di quello della madre) la minaccia è distruttiva. «Questo corpo è il tuo corpo, ceneri ora / e rose, ma vivo nei miei occhi, nei miei seni, / la mia gola, i miei fianchi. Tu fai scorrere in me / un sapore di sale negli affluenti del mio sangue, // mi canti nella mente come vino. Ciò che / non hai osato in vita l’hai osato nella mia».
Questa piccola antologia fa pensare a un arco teso per uno sforzo quasi impossibile, anche se necessario. Il percorso del pensiero femminista non è né facile né facilmente accessibile, e direi però che la poesia meglio di altri generi letterari può rendere i picchi improvvisi, e i ristagni paludosi. O un’estetica nuova ispirata da corpi che non obbediscono ai canoni correnti, vedi «Homage to My Hips / Tributo ai miei fianchi» di Lucille Clifton: «questi fianchi sono fianchi larghi / hanno bisogno di spazio per / andarsene in giro…», e di Tania Rochelle «My Ass Says Hello / Il mio culo saluta»: «da lì dove, improvvisamente riempie tutto lo specchio. Vuole portarmi a comprare taglie comode, mi / prega di smetterla con il jogging, ‘Basta nat-chine / e lattughine!». (...) Ottimo il lavoro delle traduttrici quasi sempre anche curatrici (Magazzeni, Mormile, Porster, Robustelli), a cui vorrei aggiungere un particolare apprezzamento per Elisa Biagini che da tempo e in più occasioni si è fatta traghettatrice di queste poesie.
A proposito di Corporea, ecco uno stralcio dalla recensione di Viola Papetti uscita oggi (30 gennaio 2010) su "Alias":
Non si può dire che la veste tipografica di questa antologia Corporea Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese, a cura di Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli, con l’indispensabile prefazione di Liana Borghi (Le Voci della Luna Poesia, Segni/4, pp. 204, € 12,00) sia vanitosa, e ostenti la patinata eleganza che sempre ricopre il femminile. Anzi, sono quasi irritanti nella loro ambiguità le immagini derivate da nove opere di Francesca Romana Pinzari: grigie, nere, rossastre parti di un corpo femminile seminudo, non si capisce se abbracciato o torturato, intercalate fra poesie, in inglese e in italiano, di scrittrici famose negli ultimi quarant’anni, da Margaret Atwood a Alice Walker. Pagine dai margini ristretti, suppongo per economia, ma che danno anche un’idea di forzata costrizione entro gabbie, piccole carceri individuali da cui la scrittura fuoriesce come un urlo educato alla forma, uno strappo che però non lacera il foglio. Non rinunciano a prendere parola, per quanto il prezzo sia alto e lo sforzo al limite, come nel caso di Judith Wright, australiana, poco conosciuta da noi, qui con un’unica poesia «Naked girl and mirror / Ragazza nuda e specchio». Il corpo delle donne è capace anche di scherzare, ma in genere si sente in fuga, tende a svincolarsi dalla proprietaria. «Questa non sono io. Una volta ero senza corpo» – lamenta Wright, e con lei molte di noi. Anche Margie Piercy in «My Mother’s Body / Il corpo di mia madre» dice l’estrema angoscia di non riconoscersi se non nel corpo di un’altra, inevitabile, ostile. La figlia è derubata dalla madre, la madre dalla figlia. Che sia il doppio culturale del sé femminile, o un doppio biologico, installato al principio e alla fine della vita della figlia (e alla fine di quello della madre) la minaccia è distruttiva. «Questo corpo è il tuo corpo, ceneri ora / e rose, ma vivo nei miei occhi, nei miei seni, / la mia gola, i miei fianchi. Tu fai scorrere in me / un sapore di sale negli affluenti del mio sangue, // mi canti nella mente come vino. Ciò che / non hai osato in vita l’hai osato nella mia».
Questa piccola antologia fa pensare a un arco teso per uno sforzo quasi impossibile, anche se necessario. Il percorso del pensiero femminista non è né facile né facilmente accessibile, e direi però che la poesia meglio di altri generi letterari può rendere i picchi improvvisi, e i ristagni paludosi. O un’estetica nuova ispirata da corpi che non obbediscono ai canoni correnti, vedi «Homage to My Hips / Tributo ai miei fianchi» di Lucille Clifton: «questi fianchi sono fianchi larghi / hanno bisogno di spazio per / andarsene in giro…», e di Tania Rochelle «My Ass Says Hello / Il mio culo saluta»: «da lì dove, improvvisamente riempie tutto lo specchio. Vuole portarmi a comprare taglie comode, mi / prega di smetterla con il jogging, ‘Basta nat-chine / e lattughine!». (...) Ottimo il lavoro delle traduttrici quasi sempre anche curatrici (Magazzeni, Mormile, Porster, Robustelli), a cui vorrei aggiungere un particolare apprezzamento per Elisa Biagini che da tempo e in più occasioni si è fatta traghettatrice di queste poesie.
mercoledì 27 gennaio 2010
Generalmente le buone famiglie sono peggiori delle altre
Questo il titolo di un video che è parte della mostra "Messico famigliare ", alla Fondazione Merz di Torino.
La mostra, della coppia di artisti Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, è una riflessione attorno ai concetti di famiglia mista e allargata. Per saperne di più vi rimando al sito della Fondazione:
http://fondazionemerz.org/mostre-esposizioni/messico-familiare/
e a quello del programma radiofonico di RadioTre: "A3 il formato dell'arte",
che ne ha fatto un'ottima recensione con un'intervista agli artisti, che potete ascoltare in formato MP3 all'indirizzo:
http://www.radio.rai.it/podcast/A0053119.mp3
... la mostra terminerà il 28 febbraio.
mercoledì 20 gennaio 2010
Il nostro prossimo libro: La ballata di Iza
Nel nostro prossimo incontro, sabato 27 febbraio, parleremo di un romanzo di Magda Szabò (o per dirla all'ungherese, Szabò Magda), La ballata di Iza. Il libro è uscito da Einaudi nel 2006 e lo si può trovare, oltre che in libreria, in diverse biblioteche comunali - tra l'altro, non lontano da Monteverde, alla Marconi di via Cardano. Per una breve introduzione al testo, può essere utile leggere la recensione pubblicata nel sito Wuz. La pagina comprende anche l'incipit del romanzo e una minuscola nota biografica sulla scrittrice. Maggiori informazioni si trovano in un articolo di Bruno Ventavoli (giornalista culturale, nonché traduttore della scrittrice ungherese) uscito sulla "Stampa" quando Szabò è morta, nel novembre 2007.
martedì 19 gennaio 2010
copertine
Raethia, delle copertine di Kitchen avevi già scritto prima del nostro incontro, e infatti personalmente avevo apprezzato, è stato divertente osservarle.
Comunque sì, repetita iuvant, anche perché dalla scarsità dei commenti sul blog non si sa mai se e quante persone lo frequentano.
Faccio una chiosa sulla poesia in romanesco dell'amico Sandro, che dai commenti che ho letto temo sia stata equivocata: si riferisce alla fase finale della vita della sventurata Eluana Englaro, e alle persecuzioni, pressioni di ogni tipo, subite dal padre Beppino Englaro, accusato addirittura di omicidio, e pertanto nulla ha a che fare con la triste circostanza del suicidio del figlio di Sandro.
Comunque sì, repetita iuvant, anche perché dalla scarsità dei commenti sul blog non si sa mai se e quante persone lo frequentano.
Faccio una chiosa sulla poesia in romanesco dell'amico Sandro, che dai commenti che ho letto temo sia stata equivocata: si riferisce alla fase finale della vita della sventurata Eluana Englaro, e alle persecuzioni, pressioni di ogni tipo, subite dal padre Beppino Englaro, accusato addirittura di omicidio, e pertanto nulla ha a che fare con la triste circostanza del suicidio del figlio di Sandro.
lunedì 18 gennaio 2010
Le copertine di Kitchen
Dopo aver parlato delle immagini di Kitchen nell'incontro di lettura di sabato scorso, suggerisco di visitare, se non lo avete già fatto, il sito dell'autrice www.yoshimotobanana.com (è solo in giapponese e inglese): segnalo in particolare di farvi un giro tra le copertine del libro in oggetto. Sono raggruppate per aree geografiche: Europa, Asia, Americhe. È solo una curiosità, ma divertente.
LE COPERTINE DI KITCHEN
Suggerisco di visitare, se non lo avete già fatto, il sito dell'autrice www.yoshimotobanana.com (è solo in giapponese e inglese): segnalo in particolare di farvi un giro tra le copertine del libro in oggetto. Sono raggruppate per aree geografiche: Europa, Asia, Americhe. È solo una curiosità, ma mi pareva divertente.
a presto
raethia
a presto
raethia
giovedì 14 gennaio 2010
Ritorno a Mann
Aspettando di organizzare il secondo incontro - serale - sui Buddenbrook (se tutto va bene, entro la fine di gennaio), ecco una piccola lista di siti dove si trovano materiali interessanti sul libro e su Mann.
Si parte dalla voce italiana di Wikipedia dedicata al romanzo: è lunga e particolareggiata, anche se un po' superficiale, soprattutto nel riassunto della trama. Contiene comunque diverse informazioni utili e può servire come primo momento di approfondimento (ma le note bibliografiche siano inesistenti e i link esterni pochissimi).Più breve e succosa questa scheda ancora sui Buddenbrook a firma di Luigi De Bellis, che comprende uno stralcio da un saggio del germanista Cesare Cases.
Poi I Buddenbrook in versione audio (ridotta), tratta dal "Terzo anello" di Radio Tre, con una introduzione di Bianca Maria Frabotta, che incorre in uno sbaglio storico-geografico nella prima frase (dice che i Buddenbrook sono prussiani) e rivela qua e là una conoscenza distratta del romanzo - definisce per esempio le mani dei Buddenbrook come mani di commercianti, inadatte all'esecuzione della musica: una imprecisione non da poco (basti rileggere quanto dice l'organista Pfuehl a proposito di Hanno: "Ha le mani dei Buddenbrook... I Buddenbrook arrivano tutti a prendere le none e le decime"), tenendo conto che il rapporto dei vari membri della famiglia con la musica è centrale nel libro e non si riduce alla contrapposizione rozzi mercanti-raffinati intellettuali.
A questo proposito di grande interesse è il saggio di Roberto Favaro intitolato L'ascolto del romanzo, in cui viene analizzato il tema musicale, che è appunto uno degli assi intorno a cui si fonda la struttura dei Buddenbrook.
Numerosissimi sono in Rete e su carta i testi che si concentrano su singoli aspetti, più o meno marginali, dell'opera di Mann (uno per tutti, in francese, Les affections bucco-dentaires dans l’oeuvre de Thomas Mann, di Liliane Van Besien e Yves Besien, dagli atti della Société française d'histoire de l'art dentaire). Impossibile elencarli qui tutti.
Da non mancare, in generale, la nota autobiografica di Mann (in inglese), in occasione del conferimento del premio Nobel, nel 1929. E chi conosce il tedesco potrà continuare la sua ricerca nel sito ufficiale dedicato a Thomas Mann, da cui si possono anche scaricare (a pagamento) i saggi dello scrittore. (Mentre chi lo desideri può leggere online la versione integrale dei Buddenbrook nella traduzione di Furio Jesi e Silvana Speciale Scalia).
Qui concludiamo segnalando il sito della Casa dei Buddenbrook a Lubecca e citando una frase di Claudio Magris nella sua introduzione al romanzo (edizione Grandi Libri Garzanti): "I Buddenbrook sono il più amabile e godibile dei libri di Mann, ma anche il più difficile, perché in esso la diagnosi politica e culturale è calata nel gesto quotidiano e nel dettaglio semplice, come accade nella vita; la profondità della riflessione è nascosta nella superficie, anziché essere semplicemente dichiarata, come avverrà più tardi in altri romanzi ideologici, apparentemente più complessi e in realtà più facili, perché tutti spiegati e sottolineati. È il libro della vita, della sua caducità pur così piena di senso; del suo trascorrere pieno di malinconia ma anche di grazia".
(Nella fotografia in alto, la targa sulla casa di Roma in via del Pantheon 57 - allora via di Torre Argentina - dove si trovava la pensione in cui Thomas Mann trascorse diversi mesi tra il 1896 e il 1897, dedicandosi alla composizione dei Buddenbrook).
venerdì 8 gennaio 2010
Appuntamenti
Kitchen (Banana Yoshimoto) ... ottimo spunto per affrontare il tema di quest'anno, "Famiglie", da una prospettiva contemporanea. L'appuntamento è per sabato 16 gennaio 2010 alle 11 nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28, a due passi da piazza Rosolino Pilo).
martedì 5 gennaio 2010
Se ne va Giancarlo Nanni
Questa mattina si è spento , dopo un anno di malattia, Giancarlo Nanni, 68 anni, regista e fondatore nel 1989, insieme con Manuela Kustermann, del Teatro Vascello , fascinoso spazio dedicato al teatro di ricerca , alla poesia, alla letteratura e alle arti visive nel cuore di Monteverde vecchio. E’ il teatro dove abbiamo visto i più grandi interpreti della cultura italiana e internazionale, un gioiello incastonato nel centro del nostro amato quartiere . Animatore della scena teatrale fin dagli anni ’70, Giancarlo Nanni aveva fondato in quel periodo con Manuela Kustermann, sua compagna nell’arte e a lungo nella vita, il Teatro La Fede, un gruppo di lavoro in cui si sono formati Memé Perlini, Giuliano Vasilicò, Pippo Di Marca, Valentino Orfeo, Massimo Fedele, Dominot, Alessandro Vagoni. Dopo aver dedicato più di dieci anni alle tournée in Italia e
all’estero, Nanni e la Kustermann inaugurarono al Vascello nel 1990 la stagione della nuova compagnia La Fabbrica dell’Attore , che ancora oggi si dedica alla sperimentazione e alla ricerca di linguaggi innovativi per il teatro .
Per tutti noi è un grave lutto ed una grande perdita , perché con lui se ne va un regista, ma anche un grande animatore culturale , attento alle realtà emergenti e alla sperimentazione della nostra contemporaneità.
Per chi volesse saperne di più, suggeriamo di visitare il sito del
Teatro Vascello http://www.teatrovascello.it/
Mercoledi 6 sarà allestita la camera ardente presso il teatro Vascello, Via Carini 78.
all’estero, Nanni e la Kustermann inaugurarono al Vascello nel 1990 la stagione della nuova compagnia La Fabbrica dell’Attore , che ancora oggi si dedica alla sperimentazione e alla ricerca di linguaggi innovativi per il teatro .
Per tutti noi è un grave lutto ed una grande perdita , perché con lui se ne va un regista, ma anche un grande animatore culturale , attento alle realtà emergenti e alla sperimentazione della nostra contemporaneità.
Per chi volesse saperne di più, suggeriamo di visitare il sito del
Teatro Vascello http://www.teatrovascello.it/
Mercoledi 6 sarà allestita la camera ardente presso il teatro Vascello, Via Carini 78.
domenica 3 gennaio 2010
Proposta di affiliazione virtuale
C’è un signore, qui, di Monteverde, del quale vi vorrei parlare.
Di Monteverde, non a Monteverde. Perché, benché nato nel cuore di Trastevere, è a Monteverde che ha trascorso buona parte delle sue giornate per più di quarant’anni. E’ di Monteverde per ius loci.
Imprenditore di sé stesso, è proprietario di un piccolo negozio di alimentari, uno dei pochissimi sopravvissuti all’invasione della grande distribuzione.
Serve un piccolo popolo di vecchietti/e, al quale immodestamente mi avvio ad appartenere anch’io; è uno straordinario centro di ascolto, di accoglienza, diventando talvolta perfino centro di collocamento per bisognosi di vario tipo, un luogo di scambio di idee.
Lui, che risponde al nome di Sandro, è portatore sano di quella “romanità” non sguaiata che si ascolta volentieri, che si accende di lampi di arguzia, e di inaspettate tenerezze offerte con pudore, è portatore sano di una cultura da “sapienza dei luoghi”, figlia dell’amore e della curiosità umana, di uno sguardo aperto.
Lui, scrive poesie in romanesco, non so quanto corrette per lingua e metrica, talvolta i versi sono un po’ traballanti, non so che cosa direbbe Belli, ma trovo comunque che abbiano qualità.
Sandro è stato per me una scoperta, come molte altre persone quando le si guarda oltre gli occhiali. E’ una persona interessante, vorrei dire che è un “personaggio”, se non fosse che questo termine mi sembra rinviare al teatro, alla rappresentazione, alla finzione, alla “maschera”. Ma per tutti gli altri sensi, sì, mi sento di dire che Sandro è un personaggio.
Un paio di anni fa lui e sua moglie sono stati colpiti (trafitti, stavo per scrivere) dal dolore più devastante per un genitore: il suicidio di un figlio.
Sono stati bravi, molto, si sono sostenuti a vicenda, ma Sandro non è mai più tornato quello di prima.
Non potrà mai partecipare ai nostri incontri, ammesso che ne abbia voglia, per il suo lavoro. Ma mi piacerebbe pensare che partecipi in contumacia, affiliato per simpatia, una mascotte virtuale, che venga adottato dalla nostra piccola comunità, laureato, per così dire, ad honorem.
In pegno vi offro una delle sue poesie: è inattuale, lo capirete, era attuale l’anno passato, ma il suo senso rimane intatto, al di là delle persone alle quali teneramente allude.
Dedica a un Fiore
Un conto parlà de vita e vìve, n’antro parlà de morte e morì
Diciassett’anni de strazio de dolore
Ecche vòi dije a ‘n padre de famija,
che se porta ’sto sercio sopr’ar còre.
Ma l’hai vista di’, che bella fija?
Prima der fattaccio era un fiore,
e mò? C’è arimasto ’no stelo senz’odore
che nun sprizza né gioia né calore.
E ’sto poretto che vò anninnà la fija
spinto da la pena e dar dolore
te viè tacciato de fà eutanasia
da chi fa solo a schiaffi co’ l’amore.
Dico a voantri Bujacche de minestre
senza la Volonté de fa li nomi,
a vo’ Fichelle Tetteemazzi, Sacchettoni
auguro che me fate bbone Feste.
Pe’ parte mia pregherò er Bambino
che quanno fate er pranzo de Natale
ve lo strafogate cor sondino
Roma 20 dicembre 2008 da Sandro Emiliozzi
Ecco, è questa.
Vi prego di non farvi scrupolo se voleste esprimere dissenso: a che serve una comunità se non a confrontare pareri diversi, e magari anche opposti?
Di Monteverde, non a Monteverde. Perché, benché nato nel cuore di Trastevere, è a Monteverde che ha trascorso buona parte delle sue giornate per più di quarant’anni. E’ di Monteverde per ius loci.
Imprenditore di sé stesso, è proprietario di un piccolo negozio di alimentari, uno dei pochissimi sopravvissuti all’invasione della grande distribuzione.
Serve un piccolo popolo di vecchietti/e, al quale immodestamente mi avvio ad appartenere anch’io; è uno straordinario centro di ascolto, di accoglienza, diventando talvolta perfino centro di collocamento per bisognosi di vario tipo, un luogo di scambio di idee.
Lui, che risponde al nome di Sandro, è portatore sano di quella “romanità” non sguaiata che si ascolta volentieri, che si accende di lampi di arguzia, e di inaspettate tenerezze offerte con pudore, è portatore sano di una cultura da “sapienza dei luoghi”, figlia dell’amore e della curiosità umana, di uno sguardo aperto.
Lui, scrive poesie in romanesco, non so quanto corrette per lingua e metrica, talvolta i versi sono un po’ traballanti, non so che cosa direbbe Belli, ma trovo comunque che abbiano qualità.
Sandro è stato per me una scoperta, come molte altre persone quando le si guarda oltre gli occhiali. E’ una persona interessante, vorrei dire che è un “personaggio”, se non fosse che questo termine mi sembra rinviare al teatro, alla rappresentazione, alla finzione, alla “maschera”. Ma per tutti gli altri sensi, sì, mi sento di dire che Sandro è un personaggio.
Un paio di anni fa lui e sua moglie sono stati colpiti (trafitti, stavo per scrivere) dal dolore più devastante per un genitore: il suicidio di un figlio.
Sono stati bravi, molto, si sono sostenuti a vicenda, ma Sandro non è mai più tornato quello di prima.
Non potrà mai partecipare ai nostri incontri, ammesso che ne abbia voglia, per il suo lavoro. Ma mi piacerebbe pensare che partecipi in contumacia, affiliato per simpatia, una mascotte virtuale, che venga adottato dalla nostra piccola comunità, laureato, per così dire, ad honorem.
In pegno vi offro una delle sue poesie: è inattuale, lo capirete, era attuale l’anno passato, ma il suo senso rimane intatto, al di là delle persone alle quali teneramente allude.
Dedica a un Fiore
Un conto parlà de vita e vìve, n’antro parlà de morte e morì
Diciassett’anni de strazio de dolore
Ecche vòi dije a ‘n padre de famija,
che se porta ’sto sercio sopr’ar còre.
Ma l’hai vista di’, che bella fija?
Prima der fattaccio era un fiore,
e mò? C’è arimasto ’no stelo senz’odore
che nun sprizza né gioia né calore.
E ’sto poretto che vò anninnà la fija
spinto da la pena e dar dolore
te viè tacciato de fà eutanasia
da chi fa solo a schiaffi co’ l’amore.
Dico a voantri Bujacche de minestre
senza la Volonté de fa li nomi,
a vo’ Fichelle Tetteemazzi, Sacchettoni
auguro che me fate bbone Feste.
Pe’ parte mia pregherò er Bambino
che quanno fate er pranzo de Natale
ve lo strafogate cor sondino
Roma 20 dicembre 2008 da Sandro Emiliozzi
Ecco, è questa.
Vi prego di non farvi scrupolo se voleste esprimere dissenso: a che serve una comunità se non a confrontare pareri diversi, e magari anche opposti?
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