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C. Savolini, Morte di Seneca |
Uomo di straordinarie
contraddizioni fu Lucio Anneo Seneca (4 a. C. - 65 d. C.). Tre volte sulle ali
della gloria e tre volte nella polvere: questore e retore brillantissimo, fu messo
a morte da Caligola, nel 39: si salvò solo perché una favorita dell’imperatore,
vedendolo gracile e malaticcio, consigliò di risparmiarne la vita, ormai
prossima alla fine; poi, riconquistato il proscenio, su istigazione di Messalina fu accusato dal nuovo
imperatore Claudio di una tresca con la propria nipote Giulia Livilla, sorella di
Caligola: Giulia venne giustiziata, Seneca esiliato in Corsica; grazie agli
uffici pietosi di Agrippina, ora moglie di Claudio, che s'era sbarazzato di Messalina, egli rientrò
in patria; nominato pretore, gli furono affidate le cure dell’educazione del
giovane Nerone. Morto Claudio (avvelenato dalla moglie), egli, assieme al capo
dei pretoriani Afranio Burro, resse, di fatto, le sorti dello Stato. Roma era,
però, in quel tempo, una fucina infernale: Nerone fece uccidere Agrippina e Burro, quindi ordinò a Seneca il suicidio sulla scorta di labili accuse di cospirazione (nella congiura
dei Pisoni): ordine che egli eseguì, assieme alla giovane moglie Paolina; ecco
Tacito, dagli Annali: