mercoledì 20 dicembre 2017

La pratica della poesia come linguaggio della libertà - Officina Poesia 2017-2018


Sonia Gentili
Quest'anno vorrei valorizzare la riflessione sul senso del nostro laboratorio: non un pollaio-allevamento di "nuovi talenti" a pagamento, ma una comune esperienza della poesia come pratica di un modello antropologico alternativo a quello dominante, cioè programmaticamente aperto, incompiuto e libero.
La poesia implica non lo sviluppo di “competenze produttive” (vale a dire tutte quelle competenze normalmente giudicate utili sul piano della funzione sociale dell’individuo: conoscenze direttamente finalizzata alla produzione del lavoro) ma la liberazione di potenzialità espressive individuali che valorizzino la peculiarità del singolo e la sua facoltà di comunicare socialmente, attraverso l’arte e la creatività, il suo essere individuo.
A partire dal passo platonico che afferma la necessità di cacciare i poeti delle passioni dalla città in quanto dannosi alla formazione del cittadino (Rep. 398A) fino a De Santis che affermava la dannosità della poesia d'amore petrarchesca - malinconica e chiusa nella propria ossessione - per la fondazione dell'Italia unitaria, il diritto a "non servire" in senso sia contingente e politico (non essere al servizio di questo o quel sistema) sia in senso complessivo e antropologico (non contribuire alla creazione del cittadino come individuo "risolto" nell'ingranaggio sociale) è il motivo di censura e la forza della poesia.
Il nostro laboratorio promuove la pratica della poesia come linguaggio della libertà dal perimetro programmaticamente aperto - cioè in trasformazione - e in questo senso costituisce una pratica fondativa di un sé libero.

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