martedì 14 ottobre 2014

mvl Cinema: Anime nere


Anime nere (Italia 2014)
Regia: Francesco Munzi

Interpreti: Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Anna Ferruzzo, Giuseppe Fumo, Barbora Bobulova

Patrizia Vincenzoni
Anime nere, il film di Francesco Munzio, tratto dal libro di Gioacchino Ciriaco, ambientato ad Africo, paese stretto fra il mare e l'Aspromonte, racconta di una storia familiare e dei suoi intrecci con la malavita calabrese. Un'immersione in un territorio nel quale la geografia umana dai tratti scolpiti e dai riti arcaici si interrela con storie di ritorsioni e vendette.
La panoramica dall'alto del paese, sventrato dall'abbandono dell'uomo, con i suoi muri che si ergono solitari e sbrecciati verso il cielo, non più incorniciati dalla presenza del tetto, fotografa una desolazione che sembra perpetuarsi anche con le nuove costruzioni così impersonali ed incompiute, esempi di un'abitabilità in bilico.
Oltre ai traffici di eroina e di famiglie in odore di 'ndrangheta, il film ha un respiro ampio, di interesse più generale ed attuale rispetto a  contenuti come memoria, testimonianza e trasmissione di modelli culturali in ambito familiare e sociale. Luciano è il primo di tre fratelli, due dei quali, Giulio e Rocco, sono emigrati a Milano e vivono del traffico di droga che rifornisce i piccoli clan presenti sul territorio intorno all'Aspromonte; Rocco, come imprenditore, mantiene una vita borghese di facciata. Il figlio di Luciano, Leo, vive la sua crisi adolescenziale, è in aperto conflitto con il padre al quale non riconosce nessuna autorità legata al ruolo genitoriale, non capisce la scelta che ha fatto, così diversa da quella dei fratelli, di restare nel luogo dove è nato a presidiare la necessità  di un contatto irrinunciabile con la terra ed i suoi ritmi naturali, strenuo difensore di un modo di pensare e di vivere onestamente, rispettoso della tradizione nella sua dimensione contadina, dedita al lavoro e al rapporto di aiuto con gli altri paesani. La figura idealizzata da Leo in chiave identitaria è lo zio Luigi, del quale  vuole ricalcare personalità e gesta. E così una sera, aiutato da un amico che gli fa da palo, lo vediamo passare all'azione, colpire a colpi d'arma da fuoco una serranda di un bar rispondendo a una provocazione, reazione questa che innesca la riedizione di una vecchia faida, attivando una spirale mortifera e irrefrenabile. 
Il pantheon degli antenati di Leo, la teoria di immagini fotografiche appese nel corridoio della vecchia casa dei nonni che mostra al suo amico pastore, prima della bravata, sono il suo patrimonio e la sua tradizione familiare - tradizione di cui vuole essere, diversamente dalla scelta paterna, un testimone 'attivo', ricalcando le orme dello zio Luigi, spettatore da bambino dell'uccisione a colpi di lupara del padre, il nonno. Il modello di pacificazione e di territorializzazione identitaria che offre Luciano, invece, stride con quello offerto da Luigi, custode di una Legge che  premia gli 'uomini d'onore', forti perché si fanno strada eliminando qualsiasi ostacolo che si frappone fra sé e gli obiettivi che vogliono raggiungere. Sopraffazione e vendetta, l'avere quello che si vuole senza sforzi e mediazioni simboliche, il tutto e subito, questi gli idoli ai quali aspira Leo e attraverso i quali sfida il padre biologico, accomiatandosi da lui.  
E questa crisi adolescenziale, questa evaporazione della funzione paterna, questa ricerca d'identità che trova nel ripiegamento narcisista e nell'immediato soddisfacimento dei bisogni (di decidere e di passare all'atto senza dipendere,comunque, dal divieto dell'altro, in Leo) percorre in lungo e in largo la nostra società, senza nessun appannaggio regionale.
Dopo l'uccisione di Luigi, avvenuta  dopo il suo arrivo in paese per cercare di ridefinire i rapporti con un clan al quale fornisce la droga, tutti i protagonisti entrano di nuovo nella logica della vendetta, mentre  le donne celebrano pranzi e preghiere rituali di fronte ai morti ammazzati, complici passive del perpetuarsi di certe consuetudini codificate nel corso del tempo, in modo rigido, irrevocabile. Il tentativo di Luciano di "fare semplicemente il lutto", di elaborarlo facendone  un organizzatore psichico che possa restituire  'potere' al dolore e alla parola, all'umanizzazione dell'individuo, in ultima analisi, non trova interlocutori.
Il film offre un finale  a sorpresa, ovviamente ad alta densità drammatica, nel quale la condizione di vittima si sovrappone a quella di carnefice.

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