domenica 3 agosto 2014

L'incipit (che non vorremmo mai leggere) della domenica - Michela Marzano, L'amore è tutto etc etc

Michela Marzano
Da bambina, l’amore lo sognavo. Passavo ore e ore a perdermi nelle pagine fitte di storie perfette, oppure a giocare con le bambole che vestivo da regine e principesse. Sognavo giorni senza crepe, come se l’armonia fosse possibile. Come se l’amore potesse riparare tutto.
La vita non poteva accontentarsi di litigi e di fratture. Doveva luccicare. Come l’acqua del mare in primavera.
Da ragazzina, sognavo di riscrivere la storia dei miei genitori. Un “e vissero per sempre felici e contenti” che cozzava inesorabilmente contro il grigio di quei giorni rigati dalla malinconia.
Ero certa che un giorno avrei incontrato un uomo capace di riparare tutto. E mi ostinavo. Non mi fermava nemmeno l’urto con il reale, quando ero costretta a tapparmi le orecchie per coprire le urla della casa.
Mi sentivo diversa. Diversa da mamma che aveva smesso di crederci. Diversa da papà che non ci aveva mai creduto. Diversa anche da mio fratello, che era come me, ma aveva deciso di chiudere porte e finestre buttando via tutto l’amore.
Ero convinta che a me non sarebbe successo.
Che bastava impegnarsi.
Che con la forza di volontà si poteva vincere qualunque ostacolo.
Anche quando la tristezza mi travolgeva e in pochi attimi ero sopraffatta dall’ansia.
Ansia di prestazione e di perfezione. Ansia di diventare subito grande. Ansia di non essere capace di meritare quell’amore gigantesco di cui, come tante altre adolescenti, riempivo le pagine del mio diario, prendendo in prestito frasi e parole dai romanzi e dalle raccolte di poesie che si accumulavano sul comodino.
Non cinquanta sfumature. Mille. Anzi un milione. Perché i colori pastello non bastano mai per raccontare la fatica che si deve fare per togliere dai suoi occhi quell’insopportabile tristezza.
«E poi chi lo dice che il principe azzurro non esiste?» urlavo a mio padre, che non riusciva proprio a capire cosa mi passasse per la testa. Cosa volevo dalla vita? Perché non mi accontentavo di quello che già avevo?
«Va bene, sono ridicola, e allora? A te che te ne importa?»
«Quando sarai grande mi darai ragione.»
Era sempre così che finiva. Come potevo contraddirlo? Che ne sapevo io del mondo dei grandi?
Era sempre così che finiva. Con quel dubbio che fosse lui ad avere ragione. Prima d’incaponirmi e ricominciare tutto da capo.
Oggi lo so, tante cose che mi sono successe sono la conseguenza più o meno inevitabile di quei pomeriggi passati a costruire reami di carta.
Quando credevo alla bacchetta magica e alla bella addormentata nel bosco.
E aspettavo solo il momento di svegliarmi tra le sue braccia, felice e contenta di quell’amore immacolato.
Se lui e lei si incontrano, come fa lui a non capire che la risposta a tutti i suoi perché è lì, immediatamente presente?
Oggi lo so che la vita, con le fiabe, non c’entra niente.
Che lui non può essere la risposta a tutto quello che non abbiamo avuto.
Che non c’è amore senza attesa e senza errori.
Che l’esistenza è piena di crepe.
Che non basta impegnarsi e fare il proprio dovere ...


* * * * * 

Postfazione di Alceste


Basterebbe poco. Una leggina.
Potrebbe chiamarsi Lex Cimina.
"Chiunque intraprenda la carriera di scrittore di libri (di libri cartacei) deve sottoporsi a un'ordalia ...".
Ordalia: un giudizio divino.
Si fa così: arriva il nuovo autore/autrice, col nuovo libro. Il funzionario preposto lo accoglie sobriamente, dietro un nudo tavolaccio di legno.
La cerimonia è brevissima.
Egli, con calma, solleva e appoggia una pistola a tamburo sul tavolo.
La benedice.
Esordisce, quindi, con voce scabra, dettata da un dovere iperuranio: "Questa è una Smith & Wesson 686 modello standard calibro 357. Caricatore a sei colpi. Solo una pallottola inserita". Fa girare il tamburo. Passa l'arma al candidato autore e scandisce il rituale: "Accetta?".
A questo punto si hanno due possibilità.
1. Il candidato rifiuta. Il rifiuto è necessariamente accompagnato da una liberatoria per cui l'autore/autrice s'impegna a non pubblicare neanche una riga in futuro (su carta, lo ripetiamo)
2. Il candidato accetta.
La seconda possibilità conduce a due possibilità ulteriori.
1. Il candidato si spappola la testa.
2. Il candidato la sfanga. In questo caso, solo in questo caso, egli ha diritto alla pubblicazione cartacea dei suoi presunti sforzi intellettuali/letterari.
Eventuali dubbi su tale procedura igienica (se Baricco fosse codardo non avremmo Seta e Oceano mare, quale perdita! ... se Vitali si fosse fatto saltare le cervella non avremmo Olive comprese ... quale lutto!) non tengono conto delle decine di migliaia di autori estromessi.
Pensiamoci bene.
Pensateci bene.
Ah che pace! che serenità! che aria sottile, pulita! che profumo di libertà!

Nessun commento:

Posta un commento