sabato 2 agosto 2014

I racconti della domenica - Paolo Villaggio, Fantozzi in vacanza/Fantozzi al mare/Fantozzi in crociera

Paolo Villaggio
Fantozzi in vacanza

Questa volta Fantozzi si è concesso quattro meravigliosi giorni di vacanza. Si è trovato nella cassetta delle lettere un dépliant di un'agenzia di viaggio: “Meravigliosa crociera. Barcellona, Madrid, Saragozza, le Baleari e tutto il Nord-Africa arabo in 4 ore! Le rate saranno trattenute sullo stipendio”. Va da sé che una rata equivaleva a 12 mensilità di Fantozzi. Ha versato la sua quota e per la prima volta ha affrontato il mare.
Ed eccolo al “gran giorno” della partenza. Piove a dirotto. In un clima tragicamente festoso, la nave si stacca dalla banchina: stelle filanti, orchestrina di bordo che strimpella Ciao, ciao bambina e tutti sui ponti che salutano. Che salutano chi? In genere i facchini rimasti sul molo. Non c'è mai nessuno alle partenze dei croceristi a prezzi familiari! I facchini però, pietosamente consapevoli di quella grossa lacuna scenica, rispondono stancamente.
Beh! Il colpo d'occhio è tale che molti di quei granitici lavoratori si commuovono veramente. I fazzoletti si agitano festosamente, si fermano... qualcuno si soffia furtivamente il naso... ci sono molti occhi lucidi in giro. Poi tutti scendono nelle cabine assegnate. O meglio, cercano di scendere! Perché, trovare la propria cabina, in quell'autentico labirinto che è una nave, è impresa disperata. Si incontrano, dopo trenta ore e più dalla partenza, gruppi in lacrime che hanno deciso di collaborare. Si tengono tutti per mano in lunghe file e cercano di risalire alla luce: avete presente quel quadro I ciechi di Brueghel? Così! Si incontrano degli isolati ormai deliranti che vi abbracciano le ginocchia implorandovi di riportarli sui ponti dalle famiglie. In genere la prima avvisaglia di questo dramma improvviso e insospettato si ha a cena, la prima sera. Manca il novanta per cento dei croceristi. Dove diavolo sono? Tutti persi nei meandri della nave.
E poi i “giochi di ponte” che sono di una noia abissale. Il più noto è il tiro alla fune: pericolosissimo. Non potendosi fare impiegati contro impiegate perché queste sono molto più forti degli uomini distrutti da vent'anni di scrivania, si fa in genere scapoli contro ammogliati. Uniche categorie lecite in Italia. Provate rossi di cappelli contro neri: sa subito di fazione politica. Omosessuali contro impotenti? Si creano subito delle invidie! Oppure impiegati contro dirigenti.
Ma in questo caso si conosce subito l'esito. Due dirigenti di 106 anni sbaragliano 100 impiegati di trenta. Allora scapoli contro ammogliati. I feroci ufficialetti che organizzano i giochi urlano: “Via!”. Al via parte solo il gruppo degli ammogliati e l'ultimo centra con la nuca una di quelle grosse borchie di ottone, messe volutamente dall'armatore, in punti strategici sul ponte giochi... per sfoltire e diminuire le spese di gestione. Gli ufficialetti intervengono allora allegri: “Non è successo nulla”. “Allegria, allegria. Cosa volete che sia, in fondo era solo un crocerista... di turistica.” E lo spingono con il piede furtivamente in mare. Poi fanno al capitano, che è sul ponte di comando, un gesto col pollice: “Ne cancelli uno per favore”. E il comandante sposta un pallino in un grande “pallottoliere da crociera” che tiene al posto della bussola.
Altro gioco: la pesca dei cucchiai. Si gettano dei cucchiai d'argento nella piscina di prima classe, la più grande. Le navi sono classiste, non certo come quelle negriere di “cara” memoria, ma ci sono piscine di 1ª poi di 2ª più piccole, poi di 3ª, fin che si arriva a piscine grandi come bottoni, per l'equipaggio. Ma il gioco dei cucchiai si fa sempre nella piscina di prima. Gli ufficialetti dicono “... e al giovane vigoroso che raccoglierà più cucchiai dal fondo daremo in regalo una bella bambolina”. Cade in acqua subito uno sui 90. Loro attaccano la radiocronaca. “Si è gettato il ragionier Fulzi dell'ufficio sinistri... è immerso già da venti secondi... Lo vediamo immobile sul fondo... sta cercando certamente di raccogliere dei cucchiai... immerso da due minuti... da sei... da dodici... è sempre immobile! da venti... stappare!!!”
La vasca viene vuotata e il ragioniere furtivamente gettato fuori della murata. Il capitano che ha visto tutto sposta un pallino sul suo pallottoliere questa volta con una curiosa risata. Ed è per questo che le navi da crociera sono seguite da branchi di pescicani i quali hanno certamente dall'armatore notizie sulla rotta e le aspettano al varco all'uscita dai porti.
L'altoparlante l'ultimo giorno fece un annuncio “Chi desidera visitare le macchine si trovi alle 15 nel salone di prima classe”. Fantozzi curioso ci andò.
Sul posto, un ufficialetto di coperta, bello, tutto in bianco, sciabola e feluca.
“Lei è ufficiale di macchina?” domandò e lui con fierezza: “Mai sceso nelle macchine, io! Conduco il gruppo!” disse e lui si accorse che sbriciolava una lunga fila di molliche di pane, come Pollicino nella fiaba. Valicarono la porta delle macchine: l'inferno! Un caldo terrificante. Sul fondo, un migliaio di persone, uomini e donne, distrutti dalla fatica e sporchissimi che remavano con sforzo, a ritmo assordante di tamburi, percossi dai feroci aguzzini. Rimase molto sorpreso. Si avvicinò a un tipo sporco, ma distinto, con gli occhiali d'oro. “Lei è capitano di macchina?” urlò superando il rumore dei tamburi. “No!” “Ha fatto l'Istituto nautico, però?” “No” rispose con un filo di voce. “Tradizione di famiglia?” “No! Sono dottore in economia e commercio.” “Come mai?” “Crociera aziendale 1949... mi sono infilato subito nella porta delle macchine, credevo che fosse la mia cabina. Mai più trovata l'uscita! Ma mi sono adattato, un lavoro vale l'altro, e qui ci sono meno responsabilità e poi...” Non finì la frase, una scudisciata gli tappò la bocca. Lui abbassò gli occhi e non volle più parlare.

Fantozzi al mare

Fantozzi è andato domenica pomeriggio ai bagni Flora con la signorina Silvani.
Fantozzi nella sua tragica timidezza era sempre stato spigoloso con le donne e giustificava questa sua posizione con la riuscita del suo matrimonio con la signora Pina. Ma in verità per la moglie, capelli opachi color topo, naso alla Dante, e rassegnata a una vita squallida, Fantozzi covava un cupo rancore e un grande desiderio, quello di squartarla e di servirla alla “cacciatora” in un gran banchetto coi colleghi d'ufficio. La signorina Silvani invece, dell'ufficio cabale, gli era decisamente simpatica e, a modo suo, le faceva da sei anni la corte.

Ogni anno, nel mese di agosto, sua moglie andava in campagna. Campagna si fa per dire, era una casetta di contadini, a un'ora di utilitaria dal centro, dove mancavano la luce e l'acqua, e la toilette era una di quelle alla “turca”. Ma la signora Pina aveva così l'impressione di essere in villeggiatura.
Fantozzi “in campagna” ci andava raramente, anche perché aveva avuto un curioso incidente che l'aveva scioccato. La prima volta che c'era andato si era avventurato alla toilette perché in grave difficoltà: aveva la fronte imperlata da goccioline gelate e dei dolori tipo parto. La porta rimaneva chiusa solo se ci si aggrappava con le mani alle maniglie. Al quarto minuto si schiodò di colpo la maniglia di destra e lui, con una sforbiciata all'indietro e un urlo orrendo, si infilò quasi in coppa. La signora Pina accorse premurosa e poi chiese: “Desideri qualcosa?”. Lui rispose con una bestemmia da competizione: 36 minuti!
Venerdì sera la signorina Silvani gli mandò il cuore in gola: “Perché domenica, se è solo, non mi accompagna al mare?”. Il sabato pomeriggio Fantozzi andò dal parrucchiere, alla sera all'ora di cena le telefonò, come d'accordo, per ricordarle il loro appuntamento. Al telefono era stato particolarmente brillante e verbosissimo anche se aveva la salivazione azzerata. Dopo una tremenda “inchiodatura” di un'ora la signorina Silvani lo pregò di lasciarla andare a dormire. “A domani alle 10” era stata la frase di commiato, e lui, buttato giù il telefono, fu pervaso da una contentezza irrefrenabile. Andò in bagno cantando a squarciagola, ma fu subito zittito severamente dai vicini. Quando fu seduto sul letto disse: “La vita è bella” e si buttò all'indietro dando una craniata pazzesca contro lo schienale di legno e svenne.
Passò dallo svenimento al sonno senza accorgersene e alle 8,30 dell'indomani, dopo un sonno nel quale aveva sognato come sempre di squartare sua moglie, si svegliò e cominciò i preparativi. Zoccoli, pantaloni di tela blu di una larghezza sensazionale perché di vecchia foggia, camicione di flanella invernale caldissimo, foulard annodato al collo come aveva visto in una foto di Gigi Rizzi a St. Tropez (ma il suo era gigantesco e i lembi gli toccavano le ginocchia). Cuffia da bagno bianca in testa e asciugamano gettato con noncuranza sulle spalle. Scendendo la scala di casa con gli zoccoli scivolò al primo gradino della rampa e venne giù a valanga. Si arrestò dopo un volo di quasi settantadue metri, di fronte agli occhi allibiti del portinaio che lo salutò con grande stupore. Lui da terra rispose con uno strano sorriso.
La signorina Silvani lo aspettava in un abitino rosa, sotto casa: aveva una borsa di plastica con del ghiaccio e delle birre.
“Non avremo sete” disse alzando la borsa e sali in macchina. La 500 era un forno e c'era un traffico apocalittico; arrivati ai bagni Flora girarono quasi quarantasei minuti per trovare un parcheggio. Erano stati imprevidenti: c'era gente che era arrivata alle quattro del mattino per conquistare un posto all'ombra. Altri avevano coperto le auto con frasche e teli. C'era un clima di tensione tremenda. Quasi trecentoventi macchine si muovevano in circolo coi guidatori che fingevano di gironzolare distrattamente, in realtà aspettando coi nervi a pezzi che si aprisse un varco.
Di fronte a Fantozzi quasi un miraggio: se ne andava una grossa cilindrata. Lui si fermò di colpo. Attese come un giaguaro e quando la macchina parti nel varco si scontrarono, formando un tremendo ammasso di lamiere contorte, quasi diciotto macchine. Ne seguì una guerriglia sulle alture che durò fino alle tre del pomeriggio. Fantozzi ricorda di avere anche sentito diversi colpi di rivoltella.
Entrarono al ristorante dei bagni Flora e attesero un'ora gli spaghetti. Poi Fantozzi uscì allo scoperto. Pelle bianco-latte, cuffia in testa, asciugamano sulle spalle, costume di lana rossa con cintura bianca che gli arrivava fin sotto le ascelle, gli zoccoli li aveva lasciati in cabina perché aveva i piedi tutti piagati. Sulla spiaggia non c'era posto neppure in piedi. C'erano ovunque avanzi di un'orgia di frittate e panini. Molti dormivano al sole con le bocche aperte piene di sabbia e di mosche.
Fantozzi andò verso il trampolino che era l'unico posto libero. La signorina Silvani gli gridò dalla spiaggia: “Su, un bel tuffo!”. Lui guardò sotto e vide l'abisso.
Si preparò, erano vent'anni che non si tuffava.
Si fece allora sulla costa un silenzio tremendo, si fermarono le auto sulle colline e da lontano si levò il rullo sommesso di un tamburo. Lui chiuse gli occhi e si lasciò cadere. Andò giù di pancia per ventisei metri e dalla spiaggia cominciarono a urlare. Quando lui toccò l'acqua si sentì come una esplosione.
Lo pescarono i bagnini e, tra due ali di bagnanti, lo portarono a casa sua in autoambulanza.
Era in cuffia e aveva l'asciugamano stretto in vita perché nel tuffo aveva perso il costume. Il portinaio lo salutò come sempre con grande stupore, ma questa volta Fantozzi non rispose.
Lo adagiarono sul letto lasciandolo solo. Era tutto viola e rosso. Pare, ma questo è solo un pettegolezzo, che nella notte abbia anche urlato dal dolore, ma con grande dignità.

Fantozzi in crociera

Fantozzi fu invitato a una breve crociera a bordo del Bracciante.
Il Bracciante è la bellissima barca del conte Pier Ugo Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare ormeggiata a Portofino Mare. (Veramente è uno yacht da 100 mila tonnellate, ma la gente “in” di Portofino chiama “barca” anche la Forrestal.) Era stato invitato alla crociera anche il collega Fracchia.
Partirono per Portofino con la macchina di quest'ultimo. In serata arrivarono alla meta, dove ad accoglierli c'era la contessa Pia Serbelloni Mazzanti, donna ancora piacente che Fantozzi corteggiò sfacciatamente in attesa dell'arrivo del conte Serbelloni. Con l'ambasciatore della Erzegovina, Pilic, si recarono tutti a cena, al ristorante più elegante di Portofino. A tavola si intrecciavano le conversazioni mondane. Fracchia chiese: “Contessa, lei è una Serbelloni da parte di padre?”. “No, da parte di madre. Mia madre, la bellissima Isa era una Serbelloni Vien dal Mare.” “Ma lei è anche una Mazzanti?” “Sì, morta la bellissima Isa, appunto la Serbelloni, mio padre era passato a seconde nozze con un certo ragioniere Ugo Mazzanti.” “Bella donna?” “No, guardia civica. Fu un tragico errore. Il conte mio padre era stato irretito in quella scelta da quel volgare cognome!”
Mentre si svolgeva questa interessante conversazione, il maître si mise a preparare delle crêpes-suzette alla fiamma. Armeggiò un po', poi accese definitivamente il fornello, versò del cognac nella padella e subito si alzò una gran vampata. Fantozzi, che era a un passo, scattò in piedi, prese il secchio del ghiaccio e spense l'incendio con piglio eroico. Il maître, grondando acqua, lo guardò con grande disprezzo.
L'indomani arrivò il conte Serbelloni, riuscito capitano d'industria, per il quale Fracchia nutriva una grande ammirazione. Il Serbelloni nascondeva, con un basco, una calotta d'argento, conseguenza di ferite riportate durante la guerra in un bombardamento aereo. Va detto che questa calotta comportava un inconveniente: tutte le volte che il conte, sovrappensiero, si picchiettava la testa con le dita, subito urlava: “Avanti, chi ha bussato? Fantozzi, per cortesia, vada a vedere”. E Fantozzi, rassegnato, andava alla porta, apriva e tornava. Il conte: “Chi era?”. “Nessuno” rispondeva Fantozzi. E il conte lo guardava ogni volta con diffidenza.
Salparono all'alba del giorno dopo. Fantozzi disse a Fracchia: “Sarà una vacanza meravigliosa e vorrei...” non finì la frase. Preceduto dal fischio del nostromo, apparve il conte Serbelloni, vestito da ammiraglio. Lo accompagnava un applauso registrato (il conte era un megalomane), a cui seguirono pochi comandi secchi: “Attenti! Front a dest... Front”. Sistemò Fantozzi e Fracchia: alle macchine.
Fantozzi e Fracchia fecero tutta la navigazione fino in Sardegna nella sala macchine, in un caldo infernale, senza fumare e senza vedere il sole.
Arrivarono a Porto Cervo verso sera. Il conte comandò: “Fracchia alle gomene, il mozzo a prora”. Fantozzi scattò a prora. Fracchia, aveva fatto, con le corde, un groviglione pauroso, nel quale si dibattevano lui, il conte e il nostromo.
Fantozzi si preparava nervoso con l'ancora in mano. “Mozzo, butta l'ancora” ordinò il conte. L'ancora volò in mare: e dietro a essa volò Fantozzi, che aveva la corda attorcigliata a una caviglia. “Ragioniere, ma perché ha fatto il bagno di notte?” domandò la contessa. E aggiunse in tono ammirativo: “Com'è temerario lei, come si sta in acqua?”. l'acqua scura doveva essere vicina allo zero. Fantozzi rispose: “Si sta d'incanto. Cosa aspettate a buttarvi anche voi?”. Fracchia precedette la contessa e partì di scatto. Prese una rincorsa di sei metri, batté i piedi e fece “oplà”, buttandosi ad angelo. Non si sentì il tonfo, ma solo un colpo di gong: aveva centrato in pieno una boa di metallo. Cercò di barare battendo un disperato crawl sulla lamiera, poi si demoralizzò completamente e sparò una terribile bestemmia. Si dice che sia stato lui, due giorni dopo, mentre erano in alto mare, a gettare il conte fuori bordo nella notte. Costui, ripescato dopo una settimana dalla Giulio Cesare in rotta per il Sud America, fu portato a Buenos Aires. Sulle rive del Maldonado trovò lavoro e si ambientò facilmente perché sapeva lo spagnolo. Ivi visse cent'anni felice e contento.

Nessun commento:

Posta un commento