domenica 4 maggio 2014

L'incipit della domenica - François Rabelais, Gargantua e Pantagruele

Le simbologie medioevali, bidimensionali, stilizzate, eppure profonde e gravide d'una simbologia millenaria cedono, infine, il posto, nel Rinascimento, al corpo e al terrestre. Basta confrontare Bruegel con le miniature dei codici dei secoli precedenti per rendersene conto: nel pittore nordico l'uomo è al centro della scena con la sua forza plastica, travolgente, popolaresca, felicemente rutilante; nei codici, invece, l'uomo (e così la natura) sono sempre metafora di qualcosa d'altro, di un superuranio che li trascende irrevocabilmente. Sintetizziamo brutalmente: quella medioevale è una visione verticale in cui ogni cosa è segno d'altro, ovvero delle gerarchie armoniose dei cieli; la visione rinascimentale gode nell'orizzontalità, si allarga nella prospettiva, nella tridimensionalità, e perde, inevitabilmente, di potenza allegorica ed evocativa. Con il Rinascimento inizia a dileguare quell'universo favoloso che rendeva possibile la poesia quale centro della creazione e dell'immaginazione: si avvia la secolarizzazione dell'arte. Ogni oggetto (qualunque oggetto) si dilava del proprio interno mistero poiché non rimanda più a null'altro: rappresenta solo se stesso. In tal modo vengono poste le basi per la progressiva scomparsa della lirica e per l'insorgere d'una nuova forma d'espressione che, accantonato il simbolismo, trae forza dalla psicologia dei personaggi: si prepara, insomma, il romanzo. 
E Gargantua e Pantagruele è un romanzo, infatti. Un romanzo delle origini, ovviamente: innocente, vitale, debordante, e ancora tributario dell'erudizione libresca medioevale, seppur virata in tono satirico; un'opera pienamente cinquecentesca, tuttavia, per l'ottimismo della forza che è in essa: la carnalità, gli sbeffeggiamenti goliardici, la sovrabbondanza stilistica, le elencazioni smisurate, i toni colorati e picareschi, gli sperimentalismi linguistici, il grondare delle citazioni (a volte sbagliate, a volte inventate).
Basti confrontare la lista (davvero pantagruelica: prosegue per diverse pagine) con cui si declina il termine coglione:

coglion sigillativo,
coglion mascolinante,
coglione ronzinante,
coglion rifatto,
coglione fulminante,
coglion tonante,
coglione scintillante,
coglione arietante,
coglion stridente,
coglione aromatizzante,
coglione diaspermatizzante,
coglione timpanante,
coglion sgargiante,
coglion russante,
coglion pagliardo,
coglion gagliardo,
coglione dondolante,
coglione sovrapposto,
coglion scappellottante,
coglion frugante,
coglion chiavante,
coglion capovolgente,
coglion dappoco,
coglion discrasiato,
coglion biscariato,
coglion disgraziato,
coglion sugherato,
coglione floscio,
coglione diafano,
coglion sgocciolato,
coglion disgustato,
coglione abortito,
coglion scarafaggiato,
coglion cipollinato,
coglion spigolato,
coglion mitrato,
coglion capitolato,

oppure il dialogo, lunare e surreale, fra Panurge e un frate che risponde esclusivamente per monosillabi:

- P. Dov'è la ragazza?. 
- Fr. Giù.
- P. Ne avete molte?
- Fr. Poche.
- P. Quante sono in verità?
- Fr. Venti.
- P. Quante ne vorreste?
- Fr. Cento.
- P. Dove le tenete nascoste?
- Fr. Là.
- P. Suppongo non siano tutte della stessa età; che hanno?
- Fr. Dritto.
- P. Di che tinta?
- Fr. Giglio.
- P. I capelli?
- Fr. Biondi.
- P. La faccia?
- Fr. Pulita.
- P. Le sopracciglia?
- Pr. Molli.
- P. Le loro attrattive?
- Fr. Mature.
- P. Il loro sguardo?
- Fr. Franco.
- P. Come i piedi?
- Fr. Piatti.
- P. I talloni?
- Fr. Corti.
- P. Come le calze?
- Fr. Belle.
- P. Le braccia?
- Fr. Lunghe.
- P. Che portano alle mani?
- Fr. Guanti.
- P. Di che gli anelli alle dita?
- Fr. D'oro.
- P. Che adoperate per vestirle?
- Fr. Stoffa.
- P. Che stoffa?
- Fr. Nuova ...

E così via per pagine.
Bislacco, impudico, straripante, gaglioffo, enfio d'una irresistibile comicità maccheronica filtrata dalla raffinatezza dell'uomo di lettere e scienza (Rabelais fu medico e studioso di greco e italiano), il Gargantua è un capolavoro assoluto: sospeso miracolosamente fra il tramonto delle rigide codificazioni della tradizione religiosa e cortese dei secoli precedenti e le incipienti frantumaglie degli psicologismi della prosa moderna.  

François Rabelais
CAPITOLO I

Della genealogia e antichità di Gargantua.

Per conoscere la genealogia e antichità dalla quale è disceso Gargantua, vi rimando alla grande Cronaca Pantagruelina. Da quella apprenderete per disteso come i giganti nacquero in questo mondo e come per linea diretta da loro uscì Gargantua padre di Pantagruele; e non vi dispiaccia che ora me ne dispensi benché la cosa sia tale che quanto più fosse ricordata e tanto più piacerebbe alle signorie vostre, come assicura l'autorità di Platone (Philebo e Gorgia) e di Flacco, il quale dice esservi alcuni argomenti (come questo senza dubbio) che più dilettano quanto più di frequente ripetuti.
Piacesse a Dio che ciascuno conoscesse con certezza la propria genealogia dall'arca di Noè fino ai giorni nostri! Io penso che parecchi sono oggi imperatori, re, duchi, principi e papi sulla terra, i quali discendono da qualche questuante o facchino. Come per converso molti sono accattoni, meschini e miserabili i quali discendono da sangue o lignaggio reale e imperiale, considerate le straordinarie trasmissioni di regni ed imperi dagli Assiri ai Medi, dai Medi ai Persiani, dai Persiani ai Macedoni, dai Macedoni ai Romani, dai Romani ai Greci e dai Greci ai Francesi.
E tanto per dirvi di me che vi parlo, io credo essere disceso da qualche ricco re o principe del tempo andato. Infatti mai non vedeste uomo più inclinato e più disposto di me a esser re e ricco, per potere far baldoria, star senza lavorare, senza preoccupazioni e arricchire i miei amici e tutte le persone sapienti e dabbene. Ma mi consolo pensando che lo sarò nell'altro mondo, e anche più che ora non osi sperare. Con tal pensiero, o migliore, consolatevi anche voi nelle vostre disgrazie e bevete fresco, se si può.
Tornando a bomba vi dico che per sovrana grazia dei cieli l'antica genealogia di Gargantua ci è stata conservata più integra che altra mai, eccettuata quella del Messia, della quale non parlo, ché non è di mia pertinenza, e i diavoli inoltre (cioè i calunniatori e gl'ipocriti) vi si oppongono. Fu trovata da Jean Andreau in un prato che possedeva presso l'arco Gualeau, sotto l'Oliva, verso Narsay.
Scavando i fossati, le vanghe degli zappatori urtarono in una gran tomba di bronzo, smisurata, che mai non ne trovavano la fine addentrandosi essa troppo avanti nelle chiuse della Vienne. Scoperchiatala, in un punto segnato con un bicchiere, intorno al quale era scritto in caratteri etruschi: Hic bibitur, trovarono nove fiaschetti ordinati allo stesso modo de' birilli in Guascogna. Quello che stava nel mezzo copriva un grosso, grasso, grande, grigio, vezzosetto, piccioletto, ammuffito libretto, odorante più forte ma non meglio che rose.
In esso fu trovata la detta genealogia scritta per disteso in lettere cancelleresche, non su carta, non su pergamena, non su tavolette cerate, ma su scorza d'olmo; tanto guaste tuttavia erano per vetustà le lettere, che appena se ne potevano decifrare tre di fila.
Fui chiamato io (benché indegno) e con gran rinforzo d'occhiali, praticando l'arte colla quale si possono leggere lettere invisibili come insegna Aristotele, la tradussi e la potrete vedere, pantagruelizzando, vale a dire bevendo e a vostro agio leggendo le gesta orrende di Pantagruele.
Alla fine del libro era un trattatello intitolato: Le fanfaluche antidotate. I topi e le tignole o (per evitar menzogna) altre maligne bestie, avevano brucato il principio: il resto per reverenza dell'antichità l'ho accomodato e trascritto qui sotto.
……


CAPITOLO III.

Come qualmente Gargantua fu portato per undici mesi nel ventre materno.


Grangola era un buon burlone al tempo suo e amava bere schietto e mangiar salato quant'altri al mondo. A tal uopo teneva ordinariamente buona munizione di prosciutti di Magonza e di Baiona, moltissime lingue di bue affumicate, abbondanza di biroldi alla loro stagione, bue salato con mostarda; poi rinforzo di bottarga, una provvista di salsicce ma non di Bologna (non si fidava a' bocconi de' Lombardi) ma di Bigorra, di Lonquaulnay, de la Brenne e di Rouargue.
Giunto all'età virile sposò Gargamella, figlia del re dei Parpaglioni, bella traccagnotta e di bel mostaccio.
E facevano spesso insieme la bestia a due schiene fregandosi allegramente il loro lardo, sicché ella ne ingravidò d'un bel maschio che portò fino all'undecimo mese.
Tanto infatti, e anche più, può durar la gravidanza delle donne, massimamente quando trattisi di qualche capolavoro, di personaggio che debba compiere nel tempo suo grandi prodezze. Così Omero dice che il fanciullo di che Nettuno ingravidò la ninfa, nacque dopo un anno compiuto, cioè il dodicesimo mese. Questo lungo tempo infatti (come dice Aulo Gellio, lib. III) conveniva alla maestà di Nettuno affinché quel fanciullo fosse formato a perfezione. Allo stesso intento Giove fece durare quarantotto ore la notte che giacque con Alcmena, poiché in meno tempo non avrebbe potuto fucinare Ercole che purgò il mondo da tanti mostri e tiranni.
I signori Pantagruelisti antichi hanno confermato ciò ch'io dico ed hanno dichiarato non solo possibile ma anche legittimo il fanciullo nato dalla vedova l'undicesimo mese dopo la morte del marito.
Vedi infatti.
      Ippocrate, lib. De alimento.
            Plinio, Hist. Nat. lib. VII, Cap. V.
            Plauto, Cistellaria.
        Marco Varrone, nella satira intitolata Il Testamento, allegante l'autorità di Aristotele a questo proposito.
            Censorino, lib. De Die natali.
            Aristotele, lib. VII, cap. III e IV. De Natura animalium.
            Gellio, lib. III, cap. XVI.
            Servio, in Egl. esponendo questo verso di Virgilio:

Matri longa decem ecc.

E mille altri pazzi, il numero dei quali è stato accresciuto dai legisti. Vedi infatti: Digesto; De suis legitimis heredibus, lege intestato, paragrafo finale.
E nelle Authenticae, il par. De restitutionibus et ea quae parit in undecimo mense post mortem viri.
Inoltre ne hanno scombiccherato le loro rodilardiche leggi, Gallo, De liberis et postumis heredibus etc. e nel libro settimo del Digesto; De statu hominum, e qualche altro che non oso nominare.
Grazie alle quali leggi le vedove possono bravamente esercitarsi al gioco di stringichiappe a tutto spiano e senza rischio fino a due mesi dopo la morte del marito. E però vi prego in cortesia, voialtri miei buoni bagascieri, se ne trovate qualcuna che metta conto di sfoderarci l'arnese, saltateci addosso e menatemela qui. Poiché se al terzo mese esse ingravidano, il figlio sarà erede del defunto. E, accertata la gravidanza, forza, coraggio, e avanti, e voga, e dagli, ché, tanto, la pancia è già piena!
Così Giulia, figlia dell'imperatore Ottaviano, non si abbandonava ai suoi stamburatori se non quando si sentiva gravida, a mo' dei piloti che non montano a bordo se prima la nave non è calafatata e carica.
E se taluno le biasimi di farsi rotainconniculare gravide, laddove le bestie pregne non sopportano maschio maschioperante, esse risponderanno che le bestie son bestie e che esse son donne le quali bene intendono i belli e allegri minuti piaceri della superfetazione come già rispose Populia a quanto ci riferisce Macrobio (lib. II, Saturnali).

            E se il diavolo non vuole che impregnino, tagli le cannelle e tappi tutti i buchi.

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