mercoledì 26 marzo 2014

La mutazione del lettore

Maria Teresa Carbone
Flussi torrentizi di parole su carta, su schermo e in voce, ma sempre conturbati rattristati indignati, hanno accolto qualche giorno fa la notizia che il numero dei lettori italiani continua a diminuire. In questo magma uniformemente dolente vorrei citare due contributi differenti, che attraverso l'uso dell'ironia pongono una domanda cui sarebbe utile rispondere con sincerità. 
Il primo lo ha scritto Dino Baldi (filologo classico e autore per Quodlibet di un bel catalogo di Morti favolose degli antichi) nel suo blog "Le antichità elettive", diffuso nel sito di "Pagina99": titolo, L'inspiegabile passione degli italiani per la lettura. Si chiede dunque Baldi, rovesciando in paradosso le analisi sul calo dei lettori: "Perché ancora così tanti italiani leggono? Come si spiega che tante persone investano la cifra media di 57,47 euro l’anno in libri, nonostante la concorrenza di altri media ben più attraenti ed efficaci a scopo di intrattenimento (e nonostante, aggiungo, le iniziative dirette e indirette per la disincentivazione della lettura, vale a dire la scuola e quella sofisticata forma di negative campaigning che sono le fiere del libro con tutti gli annessi e connessi)?".  
Anche il nostro misantropo in residence Gian Luca "Alceste" Chiovelli non ha fiducia nelle manifestazioni che dovrebbero sostenere e promuovere la lettura. Commentando i dati del Cepell sulla lettura e l'acquisto dei libri 2011-2013 in un post intitolato Della letteratura non frega niente a nessuno, Chiovelli irride i meeting, le convention, i flash mob, i luoghi di raduno dei "puristi della lettura, paladini del si-legga-la-qualunque-purché-si-legga, grandi autori, piccoli maestri... attivisti, fanatici, dolciniani, domenicani del libro, carmelitani della lettura, francescani della pagina, millenaristi del non-si-legge-più". E poi sbotta: "L’equivoco del secolo: leggere qualsiasi cosa è meglio che non leggere niente".
Dunque, eccola la domanda: cosa vuol dire leggere, oggi? 

Spesso sottovalutiamo i cambiamenti avvenuti in Italia, e non solo in Italia, negli ultimi trenta o quarant'anni. Nel 1960, ai tempi del maestro Alberto Manzi e di Non è mai troppo tardi, gli analfabeti in Italia erano quattro milioni. Oggi tutti o quasi, grazie alla scolarizzazione di massa, e forse ancora di più alla diffusione di sms e social network, sanno leggere, cioè sono in grado di decifrare sequenze relativamente complesse di lettere e di parole. 
Questo, però, come mostrano i dati del Cepell e come indicano ricerche analoghe in tutto il mondo - non ha portato un aumento della lettura di libri. Anzi, sta succedendo l'opposto: molti di quelli che un tempo erano lettori forti dedicano la loro attenzione a "media ben più attraenti ed efficaci". Oppure continuano a leggere molto, ma in modo frammentato, diseguale.  Da un lato, ignorare i testi su cui si è formata la cultura occidentale (la Divina Commedia e il Paradiso perduto, Madame Bovary e Guerra e pace) non è più una lacuna imperdonabile, dall'altro l'atto stesso del leggere si trasforma: nasce lo spritz reading, 600 parole al minuto, gli occhi inchiodati su un punto, mentre le lettere scivolano via senza dare il tempo al cervello di registrarle come suoni. 
Quasi inevitabile, di fronte a cambiamenti simili, dividersi fra apocalittici e integrati. Gli uni rimpiangono il bel tempo che fu, quando leggere libri equivaleva a leggere (buona) letteratura (ammesso che sia vero, però, quanti, e di quali classi sociali, avevano accesso alla lettura e alla buona letteratura?). Gli altri sono pronti ad applaudire il nuovo che avanza, perché - dicono - non si può fare altrimenti (e dimenticano che il nuovo diventa molto rapidamente vecchio, e inutile, se non ha basi solide).
Il fatto è che noi lettori e lettrici (così come in genere noi umani, anche se non ci piace pensarlo) siamo una specie che sta mutando. Di questa mutazione siamo consapevoli, ma non sappiamo dove ci porterà. Un bel guaio, davvero, di fronte al quale piangere o rallegrarsi ha poco senso.  Più utile, semmai, osservare i cambiamenti dentro e fuori di noi, e decidere, giorno dopo giorno, quale lettore/lettrice essere: "fra l'ultimo libro letto e il primo nuovo da aprire". Senza pensare di salvare il mondo, non escludendo di aiutare noi.

2 commenti:

  1. mi trovo davvero in linea con le conclusioni: "una specie che sta mutando" (su tutto, aggiungo), la qual cosa è sempre avvenuta, come dovrebbe essere lucidamente chiaro proprio leggendo (anche) quelli che per noi sono diventati i grandi classici.

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  2. aggiungo: http://www.wired.it/play/libri/2014/01/14/fine-dei-libri-sofri-dibattito/

    e anche questo:
    http://www.wired.it/play/libri/2014/03/25/2013-uk-ebook-piu-20-per-cento/

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