domenica 10 novembre 2013

Un piano nazionale per la lettura

Maria Teresa Carbone
Nel suo sito, il ministro per i beni culturali Massimo Bray ha pubblicato nei giorni scorsi un post  (Leggere più libri, in più contesti, con più persone) su argomenti che toccano da vicino l'attività di Monteverdelegge. Il ministro  premette di avere in passato riflettuto spesso "sulla necessità, nell’epoca di internet e di un flusso ininterrotto di immagini e notizie, di recuperare la capacità di leggere in modo concentrato, profondo, meditato: un modo di lettura che richiede, evidentemente, una condizione solitaria". 
Questa volta, però, ricollegandosi anche a un tema dibattuto nel recente Forum del libro di Bari, la prospettiva di Bray è diversa: "Leggere - prosegue infatti il ministro per i beni culturali - non vuol dire soltanto questo. La lettura può rappresentare anche un momento di condivisione, o di partecipazione collettiva, in varie forme, a un’esperienza culturale. Penso ad esempio al ruolo delle biblioteche come luogo di socializzazione, di condivisione degli spazi e delle conoscenze, della responsabilizzazione verso il bene comune; penso alle letture pubbliche di testi, che possono coinvolgere un pubblico più ampio rispetto a quello dei lettori abituali; penso allo scambio di libri e delle opinioni su di essi. In molti modi e in molte forme diverse, la lettura deve essere una di quelle ‘esperienze culturali condivise’ sulla base delle quali è possibile costruire una società comunitaria, superando il modello di una società atomistica. E si tratta, si badi, di un punto cruciale, perché la crisi che stiamo attraversando – accanto alle gravissime conseguenze della crisi economica mondiale – è una crisi, come mi è capitato di dire più volte, anche antropologica; ed è una crisi che nasce innanzitutto dalla perdita della capacità di sentirsi comunità.
Credo che proprio questo sia il presupposto e il punto di partenza per una rinascita culturale, politica e civile del Paese: il recupero della centralità della dimensione comunitaria, il rispetto per il bene comune – dai monumenti al paesaggio, dalle opere d’arte agli stessi libri, che sono anch’essi beni comuni –, la condivisione delle conoscenze e delle esperienze, l’uso responsabile di quanto ci è stato lasciato in affidamento dal passato, e in definitiva la costruzione del senso civico, che è fondamento di ogni società, e del sentimento di appartenenza a una comunità solidale. Sono convinto che incentivare la lettura – e in particolare la lettura sociale, comunitaria, condivisa – possa dare un contributo decisivo all’edificazione di una società ispirata a ideali di questo tipo".
Lettura come esperienza culturale condivisa, condivisione delle conoscenze, appartenenza a una comunità solidale: sono, come si vede, i nuclei intorno ai quali si è costruita negli anni Monteverdelegge, la cui crescita, dal 2008 ad oggi, forse non a caso coincide con quella che per pigrizia continuiamo a chiamare "crisi", ma che di fatto costituisce una nuova fase storica i cui lineamenti ci appaiono ancora incerti. In questo senso, le belle parole di Bray rischiano di cozzare  contro una realtà ben più dura e sgradevole. 
Pochi oggi si dichiarerebbero contrari alla "società comunitaria" auspicata dal ministro per i beni culturali, ma l'obiettivo va inserito in un mondo attraversato da flussi di denaro, informazioni, persone, che di fatto rendono il concetto di comunità quantomai elusivo, un mondo che vede nuovamente divaricarsi la forbice tra ricchi e poveri, un mondo dove, per restare aderenti al tema della lettura, la produzione e la circolazione dei libri non sfugge ai meccanismi che regolano, o sregolano, l'economia globale. 
Non solo: quando si parla di lettura, non si può non tenere conto di quanto l'atto di leggere si sia trasformato negli ultimi decenni - e non solo perché, come scrive Bray più avanti nel suo post, è oggi possibile trasportare facilmente intere biblioteche in un e-reader. La diffusione delle (ormai non più tanto) nuove tecnologie ha portato a un'alfabetizzazione di massa pressoché inimmaginabile cinquant'anni fa, ma contemporaneamente gli adolescenti fuggono dai libri, e anche fra i lettori più allenati le energie  dedicate alla lettura  di un testo sono calate in modo drastico. 
Su queste contraddizioni dovrà riflettere il gruppo di lavoro istituito da Bray in vista del Piano nazionale di promozione della lettura  che nell'arco di due cicli triennali, entro il 2020, si propone (citiamo ancora dal post del ministro)  "di aumentare di almeno una unità il numero dei libri letti dai lettori deboli; di portare il 25% degli italiani che oggi non leggono a leggere almeno un libro all’anno; di sensibilizzare le famiglie sul tema della lettura nei primi anni di vita; di arrestare il calo dei lettori forti e rafforzare la loro presenza nel panorama della lettura; di consolidare e diffondere la presenza sul territorio delle infrastrutture per la lettura (biblioteche pubbliche, biblioteche scolastiche, librerie)". 
Obiettivi, nella loro schematica semplicità, quasi temerari, in un paese dove le scuole raramente dispongono di una biblioteca efficiente, le biblioteche pubbliche marciano in ordine sparso, le librerie di catena espongono pupazzetti e cioccolatini e quelle indipendenti chiudono - un paese, dove i libri in televisione, comparsate a parte, sono visti come il fumo negli occhi e dove i giornali (ammesso che qualcuno li legga ancora) riducono di continuo lo spazio per la cultura. Obiettivi, anche, che  inseriscono il libro solo nei suoi spazi tradizionali - la scuola, la biblioteca, la casa - mentre sarebbe il caso di farlo uscire da questo perimetro, di mandarlo incontro a chi magari non ne ha mai preso uno in mano. Secondo il "modello Monteverdelegge", per intenderci. Non è detto che funzioni alla prima, ma è una pista da non trascurare, in attesa del 2020. 

@mtcarbone

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