sabato 31 dicembre 2011

Una silenziosa partecipazione

Al termine dell’ultimo incontro su "Furore" di Steinbeck tenutosi al DSM di via Colautti, Maria Teresa Carbone fece notare come una buona parte del secondo anello dei partecipanti fosse rimasta un po’ in silenzio.
Personalmente avrei voluto candidamente ammettere i motivi che mi avevano visto un po’ defilato, come anche nella precedente discussione su “Ragazzi di vita” di Pasolini ed in particolare sul primo capitolo dedicato al “Ferrobedo’”.
Anche allora, al termine dell’incontro, sempre Maria Teresa aveva posto l’attenzione sul fatto che c’erano molte persone dallo sguardo attento, ma silenziose, che tutto sembravano, meno che non avessero nulla da dire.
Così nell’ultima occasione alla quale ho partecipato (l’incontro su Steinbeck) solo quando il gruppo si era già velocemente dissolto, alzai la mano per provare a raccontare il perché delle mie partecipazioni silenziose.
Ormai però, si era fatto tardi. Il brusio degli scambi reciproci di fine dibattito aveva già preso il sopravvento, così mi dissi che l’occasione per parlare di certo non sarebbe mancata.
Ormai mi sentivo parte integrante di quel nuovo progetto e l’idea di partecipare ad altri gruppi di lettura già bastava a farmi star bene.
In quel preciso istante, però, ho pensato che mi sarebbe piaciuto poter raccontare nel modo a me più congeniale il perché delle mie partecipazioni ai gruppi come ascoltatore silente.
Non per questo, però, disattento. Anzi.
In entrambe le occasioni dei gruppi di lettura, sono tornato a casa portando con me una piacevolissima sensazione di arricchimento che generalmente provo leggendo un buon libro o guardando un bel film (l’ultimo dei quali era stato proprio “Furore” di J. Ford al Circolo delle Quinte).
Sono rimasto completamente rapito e affascinato da tutti quegli interventi così chiari e puntuali, sebbene spesso discordanti.
Intrigato dalle capacità critiche e analitiche di gran parte dei partecipanti. Tutti a loro modo hanno portato il loro contributo e hanno dato spunti per osservare la stessa opera da molteplici punti di vista, arricchendone inevitabilmente la discussione a riguardo e fornendo ulteriori possibilità di approfondimento dell’argomento in oggetto.

Ho avuto problemi di balbuzie in passato e questo mi ha sempre tenuto alla larga da discorsi a platee più grandi di quanto non potessero essere quelle di una ristretta cerchia di amici veri.
E se balbuzie non era, si tramutava in una modalità di espressione sempre molto precipitosa (dovuta ai molti concetti che avrei voluto esprimere e alla bassa soglia di attenzione che mi sembrava avvertire intorno), il che rendeva difficilmente comprensibile ciò che dicevo.
Tutto questo mi portava ad evitare a priori situazioni durante le quali avrebbero potuto chiedere anche solo un breve parere a riguardo di un qualsiasi argomento.
L’arrivo di due figlie, che ora hanno una quattro e l’altra due anni e mezzo, il leggere loro le favole dovendo inevitabilmente scandire ogni singola parola, per far si che suonassero loro più chiare possibile, mi ha aiutato a superare l’insopportabile ghigliottina del tempo propria di chi ascolta con superficialità.
Loro pendono dalle mie labbra: una sensazione fantastica!

Così, quando un giorno ho letto la locandina “Centomila persone leggono un libro”che parlava di un incontro all'Istituto Federico Caffè, non ho avuto nessun tentennamento.
Mi sono immediatamente detto che quella occasione non me la sarei lasciata sfuggire.
Da quel primo incontro, ai due successivi a via Colautti (su Pasolini e Steinbeck) e alla proiezione di "Furore" al Circolo delle Quinte e finanche a quello di una domenica piovosa al bar Desideri (anche se quello era principalmente rivolto ai coordinatori del gruppo), ho scoperto un modo nuovo di stare
insieme e condividere.

Conoscersi, come spesso ho sentito dire, non soltanto perché ci si incontra al supermercato, ma perché si legge uno stesso libro, si guarda insieme lo stesso film, condividendo tutte le sensazioni e le emozioni che questo genere di opere lasciano scaturire.
Sono stati proprio quegli interventi di cui parlavo prima, a suonare come musica per le mie orecchie.
Credo che un gruppo di lettura debba fondarsi soprattutto sul confronto delle opinioni come sulla loro discordanza.
Questi ingredienti sono la sua vera forza, il suo fine ultimo.
Arricchimento e scambio continuo.

Personalmente negli ultimi anni, sebbene con qualche pausa significativa, ho avuto periodi durante i quali soltanto l'idea di prendere in mano un libro, mi creava una sorta di reticenza.
Partecipare ai gruppi di lettura credo che possa rivelarsi per me un'ottima medicina, non solo per tornare a leggere, ma per farlo con uno spirito nuovo ed una nuova attenzione.
Diciamo che per ora, durante gli incontri, preferisco bearmi ascoltando le esposizioni altrui.
Credo che lo scopo di questa ammirevole iniziativa sia anche quella di
allargare il gruppo e magari, perché no, forgiare lettori con una nuova e prima d'ora sconosciuta capacità critica.
Questa sensazione mi basta per sentirmi in qualche modo legittimato come ospite e silente ascoltatore.
Un principio per poter prendere parte ad incontri, che fino a solo pochi anni fa, avrei ritenuto come qualcosa che non avrebbe mai potuto appartenermi.
Occasioni che oggi, invece, soddisfano un bisogno che si sta facendo di volta in volta più impellente: quello di "sapere".
Sono sicuro che ottimizzando il tempo libero e ricercando una nuova costanza nella lettura, io possa fare molto nel colmare quello che oggi avverto come un gap significativo.
Il fatto che io non avverta questa mancanza come motivo di discriminazione è già un buon punto di partenza, per chi come me si è sempre tenuto alla larga da iniziative così interessanti.
Come diceva Gaber, libertà è partecipazione.

Non posso che chiudere con un sentito grazie a tutti i partecipanti alle iniziative di Monteverdelegge.

Cordialmente,

Fabio Cenciarelli