martedì 15 marzo 2011

Dorina e le altre


Marta Ancona
Questa volta Dorina non si è addormentata. Ha tenuto gli occhi bene aperti. Avessi indovinato il filone giusto, almeno per lei?
Dorina è sempre elegante, curata, col bastone che ne esalta lo stile piuttosto che negarlo, i corti capelli bianchi appena mossi, un sorriso dolce a fior di labbra quando saluta, una collana d’ambra corollario di antica civetteria. Chissà.
Durante tutti i nostri precedenti incontri, appena iniziavo a leggere eccola cadere addormentata, e svegliarsi solo dopo, appena chiuso il libro e spenta la voce, come se il mio narrare non servisse che a conciliarle il sonno. Un cruccio. Un piccolo cruccio. In fin dei conti anche una ninna nanna ha un suo perché, è vero, e tuttavia…..
Questa volta invece no. Ho dovuto notarlo. Ho letto una favola della tradizione toscana, una delle tante varianti della storia di Amore e Psiche, tra le più frequentate durante la mia infanzia: Stretta la foglia larga la via, dite la vostra che ho detto la mia, è il titolo della raccolta.
Ed è così che ho cominciato, e chissà che questa incomprensibile filastrocca non abbia contribuito anch’essa a pescare tra le memorie di Dorina qualche filo da intrecciare, destando, letteralmente, il suo interesse.
E anche le altre del resto mi sono sembrate più coinvolte.
Richiamare l’infanzia e il mito.
Santina, la più giovane, a ridere con la sua risata gutturale e graffiata, il linguaggio quasi incomprensibile, le finali strascicate tipiche di un dialetto meridionale, l’atteggiamento verginale da adolescente e gli improvvisi rossori, a sottolineare i passaggi cruciali dell’azione, la scoperta della bellezza dello sposo a lume di candela, e le prove affrontate dall’eroina. Che storia ci sarà dietro quel riso?
Ogni tanto arriva agli incontri trafelata e sudata: ha appena terminato di stirare, perché credo che Santina sia una delle ospiti non paganti, e quindi collabora alle faccende domestiche.
Emma, la burbera, che sta lì come per caso, (“che c’entro io in tutto questo? sto qui che ricamo o lavoro a maglia, e tutta ‘sta gente è anche un po’ fastidiosa), le gambe rigide appoggiate alla sedia di fronte, i bastoni al muro pronti all’uso. Emma invece è sveglia e ascolta, niente le sfugge, nemmeno quando la voce mi s’incrina e mi offre un bicchiere d’acqua. Eppure all’inizio di questa esperienza era un’assenza, sembrava dire: fate come se io non ci fossi. Non era tra le interessate alla lettura, tra le convocate o autoconvocate. E invece è divenuta tra le più fedeli e assidue.
C’è Lina, sdentatella e quasi sempre sorridente, ho detto quasi sempre, perché invece ogni tanto si presenta con il broncio, che denuncia come abbia litigato con una suora o….: anche a lei mentre leggo ogni tanto si appannano gli occhi.
Ci sono le Marie, Mariuccia e Mariolina. Una di loro, non ricordo a quale delle tre varianti risponda, è come se stesse sempre sulle spine, spia spesso l’orologio, e al più tardi cinque minuti prima che l’ora di lettura sia terminata si agita sulla sedia pregando quasi di essere lasciata libera di andare via. Ascolta poco, è sempre un po’ imbronciata, pensa alle sue incombenze, alle 11 deve apparecchiare. Ma è anche quella che una volta, quando io dissi: Ma sapete che mi sono affezionata a voi? svirgolò all’improvviso dalla sua posizione, quasi cadde per l’emozione e ebbe un’espressione, un lampo negli occhi, che non dimenticherò più. Non ascolta ma viene, viene sempre.
C’è la timida , Rosaura, c’è Ivana, un acquisto recente che forse ha sostituito Alma; o Gabriella? Non parlo di tutte. Forse una prossima volta farò una monografia su Rosaura o su Ivana, voglio studiarle meglio.
E’ uno strano posto, questo. Ogni volta che ci vado ho un timore, di chiedere perché non c’è Tizia o Caia. Le ultime volte mi sono mancate due o tre di loro, e non ho voluto chiedere notizie, temevo la risposta. Mi è mancata Raffaella, il medico siciliano (la medica siciliana? dobbiamo riformare il vocabolario, accidenti!), le sue battute dense di cultura classica anche se in confusione, i motti di spirito, i proverbi, i modi di dire della saggezza popolare. Mi è mancata Gloria e il suo misticismo, e contestuale la provocante richiesta di acquistarle una guepière reggicalze: con lo stretch, diceva, terza misura, color carne, me la compri per favore?
E’ successo già due volte che siano mancate, e me ne sia stata detta la ragione.
La prima con Alma, una delle mie preferite, è brutto esprimere preferenze forse, ma Alma davvero mi rallegrava con la sua curiosità, arguzia, con i suoi commenti appropriati. Si può dire che attorno a lei si era creato il gruppo.
Mi aveva chiesto (e aveva chiesto anche a Laura che con me condivide gli appuntamenti settimanali) una collana, le piacevano le mie collane colorate, e alla fine gliene avevo scelta una particolarmente vivace. Dopo qualche giorno è morta, dolcemente, nel sonno, ma è stato un dolore non trovarla più. Poi Gabriella, affettuosa e modesta, sparita alla chetichella, non mi avevano nemmeno avvertita, ho dovuto chiedere: Ma Gabriella? E’ mooorta, ha detto Santina, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Infatti è naturale. Vanno in chiesa, partecipano disciplinatamente ai funerali, consapevoli di come sarà il loro, che le altre veglieranno la propria salma con affetto e partecipazione disincantati.
E’ iniziata per caso questa cosa di leggere a delle signore che trascorrono gli ultimi anni della loro vita in una casa di riposo. Ho sempre amato leggere agli altri, accompagnare il bisogno di comunicare col piacere della lettura, condividendone la bellezza (e talvolta, inevitabilmente, la bruttezza). Erano anni che pensavo di inventare qualcosa per metterla in pratica, avevo proposto qualcosa all’Unione Italiana Ciechi, ma non era andato in porto niente. Poi, grazie a Raethia, tutto si è concretato, in un attimo quasi.
Mi sono detta che è un lavoro “a perdere”. Non rientra in nessuna categoria merceologica, né mi viene in mente una voce, un capitolo che possa condurre alle leggi del così detto mercato.
Ma è proprio la sua assoluta gratuità, la sua totale antieconomicità a farne qualcosa di prezioso, per me almeno, l’è ‘l su’ bello, mi dico in toscano io che sono siciliana, festeggiando così a mio modo anche i 150 anni dell’Unità d’Italia.

4 commenti:

  1. finirà che un giorno o l'altro mi intrufolo anch'io (a leggere, a farmi leggere)...

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  2. che belle cose hai scritto, Marta.
    Mi mancano un po' le nostre signorine, ma tornerò. E ne conoscerò di nuove. E sai una cosa? Sono proprio contenta che questa esperienza ti stia piacendo così, perché all'inizio non è stato facile per nessuna delle lettrici/lettori capire "come fare" a entrare nel loro mondo, trovare un reciproco senso di utilità e condivisione, confidenza perfino: da quello che racconti mi pare proprio che tu ci stia riuscendo benissimo. bello, molto bello. a presto
    Raethia

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  3. ''E’ iniziata per caso questa cosa di leggere a delle signore che trascorrono gli ultimi anni della loro vita in una casa di riposo...''
    Da quanti mesi, alle dieci, siamo lì sul vialetto di san Pancrazio pensando ''andrà bene se oggi gli leggo questa?''. Non mi ricordo quando siamo andati la prima volta. Il tempo senza tempo delle signorine, i giorni uguali ai giorni... Però, una volta che non ci sono potuto andare, una di loro mi ha detto che la settimana, senza quel martedi, le era sembrata eterna. Le altre signorine le hanno dato ragione, dicendo la loro vivacemente ma senza farmi sentire in colpa. Il tempo delle vecchine, scandito anche dalle nostre brevi letture...

    Nanni

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