mercoledì 23 dicembre 2009

Storia di una fattoria africana


M. T. C. 
Storia di una fattoria africana di Olive Schreiner ha inaugurato nel 1986 la collana Astrea di Giunti ed è stato ripubblicato nel corso degli anni, sempre da Giunti, ma senza la nota critica di Itala Vivan (peccato, era utilissima). Lo ha scritto nel 1883 una giovane donna di ventott'anni autodidatta, nata e cresciuta in un luogo arido e impervio, la Provincia del Capo, ai confini dell'Impero britannico. Negli anni successivi Schreiner sarebbe diventata famosa in Sudafrica e in Inghilterra come femminista, pacifista, attivista politica. E tutto questo già appare evidente nel romanzo, la cui figura centrale, Lyndall, è una ragazza decisa a sottrarsi, con lucida disperazione, ai limiti che le vengono imposti dal suo essere donna, e povera. Ma è la passione che attraversa il libro, la libertà e insieme l'attenzione con cui Schreiner descrive personaggi e paesaggi all'interno di una struttura volutamente sghemba e per questo tanto più vera, a rendere Storia di una fattoria africana un classico, attuale come sanno essere i classici. Perché "la letteratura (diceva Ezra Pound) è una novità che resta nuova".
Olive Schreiner, Storia di una fattoria africana, Giunti, pp. 304, euro 9,50

venerdì 18 dicembre 2009

Microconsiderazioni su Lettera al padre di Kafka

In margine all’incontro sulla Lettera al padre di Kafka, dopo avere ascoltato chi si è sentito di intervenire sull’argomento, ho partorito qualche piccola riflessione-domanda, che prende il via dalle parole della irriverente lettrice, di cui non ricordo il nome (Cristina, per caso?), che si è dichiarata terribilmente irritata dagli argomenti messi in campo dall’autore.
Come la lettrice in questione anch’io avevo avvertito una certa irritazione (detto terraterra: mio dio quanto sei palloccoloso!!), appena corretto dal timore reverenziale per la grandezza dello scrittore, in memoria della meraviglia provata di fronte ai suoi capolavori.
Dentro un angolo della mia mente (?) c’era una domanda: se io non sapessi che questo testo l’ha scritto Lui, che cosa me ne sembrerebbe? La risposta era spietata, come già la domanda, del resto.
Mi sembrerebbe il testo di una persona malata di protagonismo narcisistico, di un vittimismo urtante, piagnucoloso, autogiustificante, …….ecc. ecc. E ciò nonostante la verità della sofferenza narrata provocasse identificazione, empatia.
Il testo è davvero splendido nella sua capacità di analizzare ogni minimo dettaglio, nella costruzione stessa del “racconto”, nel suo saper dipanare in successione gli avvenimenti, e i risultati psichici.
Perché allora quella domanda impertinente? Perché non mi ero fatta quella domanda leggendo Il Castello, o Il Processo, o….?
Mi sono risposta che solo qui, nella lettera al padre, emerge tanto il dato biografico nella sua crudezza, tale da avere suggerito ad un’altra lettrice (chiedo perdono per non ricordare nemmeno il suo nome) la sensazione di guardare dal buco della serratura.
Ecco, allora è forse questa la differenza: la biografia, che irrompe, disturbandola, la costruzione letteraria che trasforma e supera il dato biografico, inventando altro da sé? Che poi questo sia, a sua volta, un “racconto”, come diceva Silvia, (un nome, finalmente!) sta nella sua qualità di scrittura, forse?

martedì 15 dicembre 2009

Mai troppo tardi, padre

Marta Ancona
Mio caro padre, non stupitevi di questa mia.
E’ vero che è passato un breve tempo dacché ci siamo accomiatati dopo la lunga sosta presso di voi, con il mio amato consorte e i bambini che vi adorano.
Ma è passato un tempo lunghissimo da quando avrei voluto chiedervi ragione di tante mie sofferenze, senza mai averne il coraggio.
Che io sia, oggi, felice, nulla toglie al fatto che a lungo non lo sia stata. Non ve ne ho mai accennato, perché non volevo ferirvi, e inoltre non avevo chiari dentro di me i contorni dei rimproveri che vi avrei mosso. L’esito della mia storia al dunque non cancella il male subìto.
Eravate, allora, il mio unico bene: come potevo rischiare di perdervi, accusandovi? Ed ero io in grado di poterli formulare con trasparenza e onestà quei rimproveri, con purezza d’animo, con la certezza che questi non fossero inficiati da ombre, sospetti di sentimenti torbidi? No, non mi sentivo in grado, non vedevo chiaro nel mio cuore.

lunedì 14 dicembre 2009

L'incontro di gennaio: Kitchen di Banana Yoshimoto


Certo, passare da Thomas Mann e Kafka a Banana Yoshimoto è un salto un po' spericolato. Ma Kitchen (il romanzo di cui parleremo nel prossimo incontro del gruppo) rappresenta un ottimo spunto per affrontare il tema di quest'anno, "Famiglie", da una prospettiva contemporanea. L'appuntamento è per sabato 16 gennaio 2010 alle 11 nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28, a due passi da piazza Rosolino Pilo).

Giacomo Leopardi, Lettera al padre

Mio Signor Padre.

Sebbene dopo aver saputo quello ch'io avrò fatto, questo foglio le possa parere indegno di esser letto, a ogni modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare di sentir le prime e ultime voci di un figlio che l'ha sempre amata e l'ama, e si duole infinitamente di doverle dispiacere. Ella conosce me, e conosce la condotta ch'io ho tenuta fino ad ora, e forse quando voglia spogliarsi d'ogni considerazione locale, vedrà che in tutta l'Italia, e sto per dire in tutta l'Europa, non si troverà altro giovane, che nella mia condizione, in età anche molto minore, forse anche con doni intellettuali competentemente inferiori ai miei, abbia usato la metà di quella prudenza, astinenza da ogni piacer giovanile, ubbidienza e sommessione ai suoi genitori ch'ho usata io. Per quanto Ella possa aver cattiva opinione di quei pochi talenti che il cielo mi ha conceduti, Ella non potrà negar fede intieramente a quanti uomini stimabili e famosi mi hanno conosciuto ed hanno portato di me quel giudizio ch'Ella sa, e ch'io non debbo ripetere. Ella non ignora che quanti hanno avuto notizia di me, ancor quelli che combinano perfettamente colle sue massime, hanno giudicato ch'io dovessi riuscir qualche cosa non affatto ordinaria, se mi si fossero dati quei mezzi che nella presente costituzione del mondo, e in tutti gli altri tempi, sono stati indispensabili per fare riuscire un giovane che desse anche mediocri speranze di se. Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente. 

venerdì 4 dicembre 2009

La malattia della famiglia M

A proposito di famiglie, segnaliamo lo spettacolo La malattia della famiglia M, testo e regia di Fausto Paravidino in scena al Piccolo Eliseo di Roma dal 25 novembre al 13 dicembre.

Il nostro tema di quest'anno: Famiglie

Per citare Manzoni, quest'anno, invece di cercar lontano, scaviamo vicino. E così dopo l'itinerario sull'Altro, che ci aveva portato da Joseph Conrad a Amitav Ghosh, passando per Abraham Yehoshua e Chinua Achebe, nel ciclo 2009-2010 di Monteverdelegge parleremo di Famiglie, nel senso più ampio di "persone unite da vincoli di parentela o di affinità". E ancora una volta abbiamo cominciato con un grande classico, I Buddenbrook di Thomas Mann. Ne abbiamo parlato sabato 21 novembre, come sempre, nel Salone degli affreschi del Dsm (via Colautti 28), ma ne riparleremo ancora.

Antologia da monteverdelegge 1.0


Alessandro Drago 
mercoledì, 08 luglio 2009:
Robert Louis Stevenson, “Treasure Island - The graphic novel” adapted by Tim Hamilton. Byron Priess Book, USA, 2005, pp. 176

Ho comprato questo volume per fare un regalo a un piccolo amico, ma poi mi ci sono affezionato, forse inconsciamente lo volevo per me. Si tratta dell’adattamento a fumetti del classico romanzo di Robert Louis Stevenson che un po’ tutti abbiamo letto da ragazzi. La Graphic Novel e’ un genere credo sottovalutato, ma non banale, non semplicistico, con una specificità linguistica suggestiva che apre verso fasce di lettori che magari vorrebbero evitare di impegnarsi su un testo “lungo” per pigrizia o ignoranza, ma anche per mancanza di tempo o per semplice non-abitudine alla lettura. In particolare questo adattamento grafico, tutto in bianco e nero, e’ realizzato con disegni molto belli e curati che ci riportano alle tavole del miglior Hugo Pratt, quello esotico e oceanico di “Una Ballata del Lago Salato”, un vero e proprio romanzo, anche se nato come fumetto. Quello che dice Umberto Eco nella sua storica introduzione: <>, vale anche per questo adattamento di Tim Hamilton, un graphic designer con, alle spalle, navigate esperienze editoriali che vanno dalla Marvel al New York Times Book Review, dopo essersi specializzato al Pratt Institute.
L’Isola del Tesoro, riletta a fumetti, trasmette una drammatica profondità che credo abbia invece perduto nelle infinite rappresentazioni cinematografiche o televisive. Il tratto in chiaroscuro ci introduce in un racconto fantastico e anche un po’ onirico, ma con un ritmo secco e veloce, com’e’ nello stile fumettistico. La colonna sonora, fatta di TAP, THUNK, CA-CHING, CLINK, KRNCH, BWOOM, K-SPLSH ci riporta ad un linguaggio adolescenziale forse mai dimenticato, ma lasciato in disparte, pronto a riemergere per un’ora di puro relax.
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Penso che, se non e’ stato gia’ fatto, anche Cuore di tenebra sarebbe un ottimo soggetto per una Graphic Novel. Il viaggio, l’azione e le tematiche del racconto cosi’ come sono state tradotte in uno straordinario film come Apocalypse Now, potrebbero altrettanto bene essere riportate sotto forma di Graphic Novel.


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mtc 
9 maggio 2009
Tornando a Israele
Nel corso dell'incontro di aprile, si è accennato a un libro che mette a confronto la storia di Israele e della Palestina, così come viene letta dall'una e dall'altra parte. E difatti il volume, nato dal progetto di un gruppo di insegnanti israeliani e palestinesi, si intitola La storia dell'altro. In Italia il libro è stato pubblicato da una piccolissima casa editrice, Una città, e si può acquistare online.


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Carla Bernardi 
giovedì, 30 aprile 2009
Due link
Per chi fosse interessato, segnalo due link di approfondimento. Il primo è un archivio digitale di interviste, curato da Luciano Minerva ai principali scrittori contemporanei di tutto il mondo. Il secondo è una bibliografia di letteratura palestinese tradotta in italiano e curata da Wassim Dahmash.


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Alessandro Drago 
17 marzo 2009
Perché mi è piaciuto "Gli Stati Uniti D’Africa" di Abdourahman A. Waberi
Parliamo di un romanzo che da qualcuno di noi e’ stato giudicato “arido”, “irritante”, “freddo”. E’ invece, secondo me, un lavoro molto interessante che sviluppa una tesi precisa, immaginando il continente africano unito e ricco, a scapito dell’Europa e dell’occidente. La tecnica di scrittura e’ estremamente moderna, anche se per molti e’ poco coinvolgente. In realta’ Waberi ha in mente uno scenario molto nitido e per costruirlo decide di scegliere un linguaggio in grado di sostenere il suo punto di vista per tutto lo sviluppo narrativo. Nello sviluppo di questa tematica Waberi ha dei precedenti letterari. In questo elenco metterei prima di tutto Philip Dick, il grande e misconosciuto autore di fantascienza, morto nel 1982, potente creatore di universi paralleli. Parlo in particolare del Philip Dick di “The Man in the High Castle”, assurdamente tradotto in italiano con “La svastica sul sole”, dove si parla di un mondo in cui la seconda guerra mondiale e’ stata vinta dai nazisti e l’America e’ stata poi spartita tra la Germania nella parte orientale e il Giappone in quella occidentale. Quindi niente androidi o astronavi su Marte, ma una situazione storica alternativa (la morte prematura di Franklin Delano Roosevelt che porta alla sconfitta degli USA) da analizzare in tutte le sue conseguenze. Si tratta tra l’altro di un capolavoro profondamente ottimista che affida all’arte sinceramente popolare il compito di trovare motivi e forza per una resistenza e rinascita della gente rispetto ad un potere dispotico ed oppressivo. Una situazione cosi’ remota, cosi’ lontana dalla realta’, da dover essere confinata nella letteratura di fantascienza. Un altro grandissimo precedente di “Aux Etats-Unis d’Afrique” e’ sicuramente il “Candide” di Voltaire, un pamphlet che espone una tesi molto decisa: questo mondo non e’ evidentemente il “migliore dei mondi possibili” di Pangloss (e di Leibnitz). I punti di contatto tra questi due testi sono molti ma indicherei in particolare l’ingresso di Maya a Parigi con le sue banlieues che sembra una citazione di quando Candido insieme a Pangloss racconta: <>. E’ stato anche detto che "Gli Stati Uniti D’Africa" e’ un romanzo postmoderno, perche’ una sua caratteristica e’ di rifarsi a testi e lavori pre-esistenti, elaborando un ricercato assemblaggio di citazioni. Sono d’accordo. Un altro riferimento forse piu’ nascosto ma secondo me importante e’ il Peter Handke di “Insulti al pubblico”. Un soliloquio per il teatro di avanguardia in cui lo spettatore viene insultato in tutti i modi possibili dall’attore. Dal momento che il testo di Waberi si rivolge prevalentemente ad un lettore europeo, l’immaginarlo povero e disperato stabilisce un chiaro parallelismo tra i due lavori. Questo porta a chiedermi quanto teatrale sia Waberi e quanto viceversa non lo sia Handke. Per inciso, Handke e’ stato spesso accusato di scrivere in modo gelido, e la sua forma-romanzo e’ estremamente particolare, moderna ed effettivamente molto di testa. Direi che chi ha digerito il geniale sperimentalismo estremo di Handke trovera’ Waberi “divertente”, “rilassante” e “popolare”. Inoltre credo che alcune parti di “Aux Etats-Unis d’Afrique” possano essere portate in teatro, magari per irritare ma anche per far discutere e divertire. Sarebbe ora di tornare all’avanguardia teatrale “di parola”. Riguardo a questa contiguita’, sono anche d’accordo con M.T.C. che fa il nome di Bertolt Brecht. Il legame, esplicito in questo caso, e’ evidente dalle didascalie che precedono ogni capitolo del libro e che si attengono all’estetica del teatro epico teorizzata dal drammaturgo tedesco. Affondando radici cosi’ profonde nella letteratura americana, francese, tedesca, ma essendo nello stesso tempo il testo di uno scrittore africano che scrive per l’Africa, personalmente considero “Aux Etats-Unis d’Afrique” anche come un notevole figlio della globalizzazione ed un esempio, riuscito, di letteratura senza frontiere. Un romanzo, quindi, sperimentale, innovativo ma anche impegnato. Ripeto, da non perdere.

Benvenuti!

Buongiorno a tutti! L'altra sera, grazie alla splendida ospitalità di Laura,si è svolta la prima riunione dell'Associazione Monteverdelegge.
Questo è il nostro nuovo blog, dove potremo scrivere, avviare nuovi progetti, appunti, spunti, dove ci saranno le informazioni relative agli appuntamenti in corso e i rimandi a link particolarmente interessanti. Insomma, scatenate la fantasia!